di Marcella Manghi 4 febbraio 2015
Gentilissima Preside,
mi chiamo A. e frequento questo liceo, in quale classe non importa. Le scrivo dopo che ieri sera ho parlato su skype con Giulia, una mia cugina di secondo grado che vive a New York da quasi quattro anni. Mi ha detto che lì da loro, d’ora in avanti, gli studenti potranno di nuovo usare il cellulare in classe. A deciderlo è stato il sindaco della città – De Blasio – che ha revocato il divieto imposto dal suo predecessore. Motivo della concessione: soddisfare l’esigenza dei genitori di poter contattare i figli in ogni momento.
La faccio breve: le chiedo – se mai dovesse arrivare anche nel nostro Paese una simile direttiva – di trovare un escamotage per non seguirla. Insomma: ci lasci il divieto di portare il telefono in classe. Ne abbiamo diritto! Per diversi e più che ragionevoli motivi.
Uno. Ci sono già tante scelte da prendere in sei ore di lezione, che lei non immagina: la seconda guerra punica iniziò nel 208 o nel 218 a. C.? Il passato remoto di ‘cuocere’ è più cosse o cuocè? Per non parlare del coefficiente di rifrazione… Non mi faccia anche scegliere tra la melanzana alla parmigiana o l’insalata di pollo per la cena. Capisco che mia madre infili una mezza spesa nella pausa caffè, ma c’è un tempo per ogni cosa.
Due. Se mai un giorno – lo dico in via del tutto ipotetica, sia ben chiaro – dovessi per sbaglio marinare la scuola, la questione della reperibilità mi renderebbe tutto molto più difficile. Non impossibile, certo, ma giustificare lo sferragliare del tram che attraversa Via Torino mette alla prova anche gli studenti più brillanti in scrittura creativa.
Tre. Dopo la lezione di ginnastica, non mi sento proprio un fior di loto. Se poi arranco paonazza dalla palestra su per le scale con la sacca semiaperta sul calzino in una mano e la fiesta-al-cioccolato nell’altra (sì, sono una delle poche che ancora si concede lo sfizio dell’elementare merendina), non voglio essere immortalata nel cellulare di qualche altro studente. Magari così galantuomo da ingrandir l’immagine, mettere bene a fuoco i miei sboccianti foruncoletti frontali e diffonderla prima ancora che io abbia messo piede in classe.
Quattro. Ma soprattutto, mi liberi dalla tentazione infernale di parafrasar Dante copiando dal display. Mi lasci – almeno per qualche ora – la trepida curiosità di sapere se F.–di-quinta ha risposto al mio messaggio di ieri sera. Mi educhi insomma all’attesa di scoprire solo alle due del pomeriggio cosa succede fuori dalla scuola. Voglio solo che tutto resti com’è ora: un liceo da cui si esce ogni giorno all’ora di pranzo affamati di pasta e novità. Non le chiedo altro.
Certa che vorrà tenere in considerazione questa mia mozione, le auguro di cuore buon proseguimento.
Cordialmente, A.
@marcellamanghi
Foto cellulare da Shutterstock
"Aspettarsi che tutti i bambini,della stessa età,imparino allo stesso tempo,usando gli stessi materiali...è come aspettarsi che tutti i bambini della stessa età,indossino allo stesso tempo la stessa taglia di vestiti."
COLLABORANO A QUESTO SITO:Dott.ssa in Giurisprudenza Priscilla Scicolone (Luiss Roma)Dott.ssa in Psicologia Anna La Guzza (Milano)
Docente Universita' Tor Vergata Prof.Aurelio Simone (Roma)
Docente Universita' di Venezia Prof. Enrico Cerni (Venezia)
Dott. Psicoterapeuta Onofrio Peritore (Licata)
Dott. in Psicologia clinica Scicolone Rosario (Lumsa Roma)
Dott. ssa in Danzaterapia (Ada Licata D'Andrea Licata)
Dott. Gianluca Lo Presti Esperto in DSA ADHD
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GLI ALUNNI DELLA CLASSE1^B:Daniele,Arianna,Roberta,VincenzoP.,Hilary,Gemma,Simona,Alessandro R.,Gaetano,Calogero,Francesco,Flavio,AlessandroS.,Serena,Antonino,Antonio,Giorgia,Ferdinando,Alice,Kadija,Alessia,Karim,Alberto,Vincenzo N.,Edisea,Gabriele. Tutti i genitori degli alunni
Grazie a tutti per la collaborazione