"Aspettarsi che tutti i bambini,della stessa età,imparino allo stesso tempo,usando gli stessi materiali...è come aspettarsi che tutti i bambini della stessa età,indossino allo stesso tempo la stessa taglia di vestiti."
COLLABORANO A QUESTO SITO:Dott.ssa in Giurisprudenza Priscilla Scicolone (Luiss Roma)Dott.ssa in Psicologia Anna La Guzza (Milano)
Docente Universita' Tor Vergata Prof.Aurelio Simone (Roma)
Docente Universita' di Venezia Prof. Enrico Cerni (Venezia)
Dott. Psicoterapeuta Onofrio Peritore (Licata)
Dott. in Psicologia clinica Scicolone Rosario (Lumsa Roma)
Dott. ssa in Danzaterapia (Ada Licata D'Andrea Licata)
Dott. Gianluca Lo Presti Esperto in DSA ADHD
...................................................................................................
GLI ALUNNI DELLA CLASSE1^B:Daniele,Arianna,Roberta,VincenzoP.,Hilary,Gemma,Simona,Alessandro R.,Gaetano,Calogero,Francesco,Flavio,AlessandroS.,Serena,Antonino,Antonio,Giorgia,Ferdinando,Alice,Kadija,Alessia,Karim,Alberto,Vincenzo N.,Edisea,Gabriele. Tutti i genitori degli alunni
Grazie a tutti per la collaborazione
martedì 27 gennaio 2015
martedì 20 gennaio 2015
Ad un figlio... di Angela Mancuso
AD UN FIGLIO…
Dovrai farti ciecoper svirgolare tra le buche
per correre senza inciampare
indovinando una rosa fra mille viole
e fissarti al sole come aquila reale
mentre tutti si disperano a cercare
dimenandosi come vermi
nei barattoli di un pescatore.
Dovrai farti sordo
per suonare le sinfonie dell’acqua
per rispondere ai discorsi dei pesci
cogliendo i mormorii delle stelle
e scioglierti al vento come spora leggera
mentre tutti si scordano di ascoltare
e irrompono stonati
sui tasti di un vecchio piano.
Dovrai farti muto e stanco
perché tutti leggano le tue mani.
Il peso sulle spalle
lo porterai da solo.
Il tuo
è un destino favoloso.
(Angela Mancuso)
domenica 18 gennaio 2015
Parole dell’anno 2014
Da WOTY a PdA
L’ultima parola della settimana del 2014 scelta da Giuseppe Antonelli per La lingua batte di Radio3 è PdA, acronimo di parola dell’anno e calco dell’inglese WOTY, word of the year. Nel podcast potete ascoltare le parole dell’anno annunciate finora per l’inglese, la lingua che ha fatto nascere questa tradizione, e per alcune altre lingue.
Selfie parola dell’anno: 2013 in inglese, 2014 in italiano
I lettori di Repubblica hanno scelto selfie come parola dell’anno 2014, preferendola a ebolae Jobs Act e altre nove parole selezionate dal linguista Massimo Arcangeli:
Dettagli in Tutte le sfumature del “selfie”, parola dell’anno 2014 con molti esempi dineologismi inglesi modellati su selfie, forse poco noti ai lettori italiani ma che hanno già ricevuto molta attenzione in inglese grazie a Selfie parola dell’anno 2013.
Credo che selfie sia rilevante anche perché in breve tempo ha già subito alcunicambiamenti di significato. Ne ho parlato lo scorso aprile in Da selfie a selfare / selfarsi, dove potete trovare anche altri neologismi come metaselfie, selfista e selfie stick.
Parole in evidenza nei media nel 2014
Stefania Spina ha confrontato più di 60.000 articoli di giornale pubblicati nel 2014 con 180.000 articoli pubblicati nel 2012 e nel 2013 e ha ricavato il contributo lessicale specifico del 2014 per quel che riguarda cronaca (mondiali, baby squillo, ebola, alluvioni…), notizie dal mondo (Isis, Ucraina, sanzioni, decapitazione…), politica italiana(renziani, renzismo, bonus, riforme, spending review…), parole quotidiane (tweet, genitori, ex di vario genere…). È un’analisi statistica molto interessante, che potete leggere in Selfie, patto e stress: le parole-chiave del 2014 secondo i giornali.
Parole e neologismi dell’anno nel blog
Alcune delle parole scelte da Repubblica che ho descritto anch’io nei mesi scorsi:
♦ Dai fuchi ai droni (origine del nome e note sulla sua pronuncia)
♦ L’evoluzione di spending review (da anglicismo a pseudoprestito)
♦ Ebola: interferenze dell’inglese (i media sbagliano quando omettono l’articolo)
♦ Get your [Jobs] Act together! (il primo di alcuni post su un anglicismo non giustificato)
Altre parole che si sono fatte notare nel 2014:
♦ Politica: ghigliottina e tagliola e canguro
♦ Cronaca: bomba d’acqua e accometaggio
♦ Tecnologia: [dispositivi] indossabili, tra cui Apple Watch
♦ Parole recenti ma già in evoluzione: non solo selfie ma anche hashtag.
La mia personale parola dell’anno è inglese farlocco, tag per il blog e hashtag per Twitter che ho cominciato a usare qualche mese fa per descrivere brevi comunicazioni o nomi destinati a un pubblico italiano ma scritti esclusivamente in inglese poco idiomatico o addirittura errato però facilmente comprensibile o riconoscibile, tanto che ogni spiegazione italiana viene ritenuta superflua. Un esempio tipico è Jobs Act.
Licia Corbolante
L’ultima parola della settimana del 2014 scelta da Giuseppe Antonelli per La lingua batte di Radio3 è PdA, acronimo di parola dell’anno e calco dell’inglese WOTY, word of the year. Nel podcast potete ascoltare le parole dell’anno annunciate finora per l’inglese, la lingua che ha fatto nascere questa tradizione, e per alcune altre lingue.
Selfie parola dell’anno: 2013 in inglese, 2014 in italiano
I lettori di Repubblica hanno scelto selfie come parola dell’anno 2014, preferendola a ebolae Jobs Act e altre nove parole selezionate dal linguista Massimo Arcangeli:
Dettagli in Tutte le sfumature del “selfie”, parola dell’anno 2014 con molti esempi dineologismi inglesi modellati su selfie, forse poco noti ai lettori italiani ma che hanno già ricevuto molta attenzione in inglese grazie a Selfie parola dell’anno 2013.
Credo che selfie sia rilevante anche perché in breve tempo ha già subito alcunicambiamenti di significato. Ne ho parlato lo scorso aprile in Da selfie a selfare / selfarsi, dove potete trovare anche altri neologismi come metaselfie, selfista e selfie stick.
Parole in evidenza nei media nel 2014
Stefania Spina ha confrontato più di 60.000 articoli di giornale pubblicati nel 2014 con 180.000 articoli pubblicati nel 2012 e nel 2013 e ha ricavato il contributo lessicale specifico del 2014 per quel che riguarda cronaca (mondiali, baby squillo, ebola, alluvioni…), notizie dal mondo (Isis, Ucraina, sanzioni, decapitazione…), politica italiana(renziani, renzismo, bonus, riforme, spending review…), parole quotidiane (tweet, genitori, ex di vario genere…). È un’analisi statistica molto interessante, che potete leggere in Selfie, patto e stress: le parole-chiave del 2014 secondo i giornali.
Parole e neologismi dell’anno nel blog
Alcune delle parole scelte da Repubblica che ho descritto anch’io nei mesi scorsi:
♦ Dai fuchi ai droni (origine del nome e note sulla sua pronuncia)
♦ L’evoluzione di spending review (da anglicismo a pseudoprestito)
♦ Ebola: interferenze dell’inglese (i media sbagliano quando omettono l’articolo)
♦ Get your [Jobs] Act together! (il primo di alcuni post su un anglicismo non giustificato)
Altre parole che si sono fatte notare nel 2014:
♦ Politica: ghigliottina e tagliola e canguro
♦ Cronaca: bomba d’acqua e accometaggio
♦ Tecnologia: [dispositivi] indossabili, tra cui Apple Watch
♦ Parole recenti ma già in evoluzione: non solo selfie ma anche hashtag.
La mia personale parola dell’anno è inglese farlocco, tag per il blog e hashtag per Twitter che ho cominciato a usare qualche mese fa per descrivere brevi comunicazioni o nomi destinati a un pubblico italiano ma scritti esclusivamente in inglese poco idiomatico o addirittura errato però facilmente comprensibile o riconoscibile, tanto che ogni spiegazione italiana viene ritenuta superflua. Un esempio tipico è Jobs Act.
Licia Corbolante
Maccarello, pesce ruffiano
Ho scoperto solo recentemente che lo sgombro (scombro?) si chiama anche maccarello(cfr. inglese mackerel), nome che ha un’etimologia curiosa. Dal Vocabolario Devoto-Oli:
Questo etimo però non è sgombro da dubbi: per il Vocabolario Treccani e altri dizionari è un’origine poco convincente.
Questo etimo però non è sgombro da dubbi: per il Vocabolario Treccani e altri dizionari è un’origine poco convincente.
La parola dell’anno: gelicidio
Si avvicina il momento in cui si proclamano le parole dell’anno, cioè le parole, di solito i neologismi, che sono apparse più significative e rappresentative dell’anno che sta per finire. Io ho già scelto la mia parola dell’anno. Ègelicidio. Il suo significato, secondo il dizionario Treccani, è ‘fenomeno meteorologico piuttosto raro (anche detto tempesta di ghiaccio, vetrone, vetrato), per il quale l’acqua piovana, cadendo con temperatura inferiore a 0 °C (ma ancora liquida per soprafusione), si congela rapidamente a contatto degli oggetti colpiti, rivestendo tutto di ghiaccio liscio e limpido e arrecando gravissimi danni alla vegetazione’. Deriva dal lat. gelicidium, a sua volta composto di gelu ‘gelo’ e di -cidium, da cadĕre‘cadere’.
Non è, in realtà, una parola recente. Nella storia dell’italiano, nel significato più generico di ‘gelata, brinata’, o ‘gelo, temperatura rigida’, o ‘ghiaccio, brina’, è attestata fin dal Trecento. In anni recenti la parola è stata recuperata nel lessico della metereologia, nel significato che ho riportato prima. Di qui è stata, sia pure sporadicamente, ripresa dai giornali: occorrenze di gelicidio si trovano nel «Corriere della Sera» dal 2006. A dicembre 2009, in occasione di un gelicidio che si è verificato nella pianura padana, il «Corriere della Sera» ha dedicato una scheda alla parola.
sabato 17 gennaio 2015
Ogni 14 giorni scompare una lingua
Sabato 17 gennaio è la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali.
L’Istat: in Italia il 9% della popolazione parla il vernacolo (ma solo in famiglia)
Sabato 17 gennaio, la terza edizione della Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue locali per promuovere l’importanza del vernacolo. «Nel mondo ogni 14 giorni scompare una lingua locale portando dietro di sé tradizioni, storia, cultura - ha detto il Presidente dell’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, Claudio Nardocci - Le Pro Loco hanno raccolto questo grido d’allarme sul fenomeno. Le lingue locali sono il collante che ci lega alle nostre radici». Intanto l’Istat fa sapere che
(dati del 2012) in Italia, il 53,1% delle persone di 18-74 anni (23 milioni 351 mila individui ) parla in prevalenza italiano in famiglia. La quota aumenta quando ci si intrattiene con gli amici (56,4%) e, in misura più consistente, quando si hanno relazioni con persone estranee (84,8%). L’uso prevalente del dialetto in famiglia riguarda il 9% della popolazione di 18-74 anni (3 milioni 976 mila persone). Dal 1995 al 2012 è aumentata costantemente la quota di chi usa l’italiano in modo prevalente o abbinato al dialetto, in tutti e tre i contesti relazionali. L’uso prevalente dell’italiano decresce con l’aumentare dell’età a favore dell’uso esclusivo e combinato al dialetto: in famiglia varia dal 60,7% dei giovani di 18-24 anni al 41,6% dei 65-74enni.«La valorizzazione delle diversità culturali presenti nel territorio italiano — continua Nardocci — e, già da tempo, in tutta Europa può inoltre contribuire a creare una cultura del rispetto
http://www.corriere.it/cultura/15_gennaio_16/ogni-14-giorni-scompare-lingua-0e3669cc-9da2-11e4-b018-4c3d521e395a.shtml
L’Istat: in Italia il 9% della popolazione parla il vernacolo (ma solo in famiglia)
Sabato 17 gennaio, la terza edizione della Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue locali per promuovere l’importanza del vernacolo. «Nel mondo ogni 14 giorni scompare una lingua locale portando dietro di sé tradizioni, storia, cultura - ha detto il Presidente dell’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, Claudio Nardocci - Le Pro Loco hanno raccolto questo grido d’allarme sul fenomeno. Le lingue locali sono il collante che ci lega alle nostre radici». Intanto l’Istat fa sapere che
(dati del 2012) in Italia, il 53,1% delle persone di 18-74 anni (23 milioni 351 mila individui ) parla in prevalenza italiano in famiglia. La quota aumenta quando ci si intrattiene con gli amici (56,4%) e, in misura più consistente, quando si hanno relazioni con persone estranee (84,8%). L’uso prevalente del dialetto in famiglia riguarda il 9% della popolazione di 18-74 anni (3 milioni 976 mila persone). Dal 1995 al 2012 è aumentata costantemente la quota di chi usa l’italiano in modo prevalente o abbinato al dialetto, in tutti e tre i contesti relazionali. L’uso prevalente dell’italiano decresce con l’aumentare dell’età a favore dell’uso esclusivo e combinato al dialetto: in famiglia varia dal 60,7% dei giovani di 18-24 anni al 41,6% dei 65-74enni.«La valorizzazione delle diversità culturali presenti nel territorio italiano — continua Nardocci — e, già da tempo, in tutta Europa può inoltre contribuire a creare una cultura del rispetto
http://www.corriere.it/cultura/15_gennaio_16/ogni-14-giorni-scompare-lingua-0e3669cc-9da2-11e4-b018-4c3d521e395a.shtml
martedì 13 gennaio 2015
domenica 11 gennaio 2015
Storie della Shoah
Il giorno della memoria
Storie della Shoah
http://www.junior.rai.it/dl/junior/junior.htm#page=junior/Page-ef5c2fb4-0c47-4274-918a-95a4d8e907cb/video/Storie%20della%20Shoah/Pag:1
Storie della Shoah
http://www.junior.rai.it/dl/junior/junior.htm#page=junior/Page-ef5c2fb4-0c47-4274-918a-95a4d8e907cb/video/Storie%20della%20Shoah/Pag:1
giovedì 8 gennaio 2015
GLI OCCHI DI UN BAMBINO // Noémi Association
sabato 3 gennaio 2015
Trenta libri imperdibili della letteratura per bambini
di Marzia Rubega
“Se la scintilla non scocca, niente da fare: non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore”
(Italo Calvino, Perché leggere i classici)
Già nella primissima infanzia, la voce del genitore che recita una filastrocca, racconta una storia o la legge ad alta voce è strumento prezioso per trasmettere la passione per la lettura. Una scoperta e un piacere che si nutre del tono carezzevole e familiare dell’adulto. E proprio attraverso l’ascolto, la lettura ad alta voce, ogni bimbo può essere accompagnato a scoprire (rinnovandolo a ogni tappa della sua crescita) l’amore per i libri.
“Se a casa, un bambino ha conosciuto il gusto di ascoltare la lettura fatta dagli adulti o se gli sono state narrate fiabe e storie, a scuola si impegnerà di più perscoprire la lettura in prima persona, per riprovare quel gusto già provato”, dice Ermanno Detti, saggista e scrittore per ragazzi, nel suo libro Piccoli lettori crescono (Erickson).
Per il bimbo in età scolare, leggere insieme, in famiglia (ma anche a scuola) è un ottimo sistema per avvicinarsi ai grandi classici della letteratura per l’infanzia.
I tempi sono cambiati, i gusti e il contesto culturale ma ancora oggi i libri del passato possono ‘parlare’ al cuore dei giovani lettori. Perché affrontano temi e situazioni universali (a differenza dei libri di ‘moda’ che hanno vita breve), rivelando quella giostra di emozioni che appartiene, al di là del tempo, all’umana esistenza.
Tuttavia, non tutti i classici hanno la forza e il potere di affascinare i bambini di oggi.
Quali libri ‘non funzionano più’?
“Non vanno bene quelli scritti da autori più interessati a illustrare teorie pedagogiche che a inventare storie interessanti, più inclini ad andare nostalgicamente alla ricerca del proprio io-bambino piuttosto che, di quell’io, catturare e far rivivere piccole e grandi manifestazioni, senza indulgere a compiacimenti, sentimentalismi o moralismi” (R. Valentino Merletti, B. Tognolini, Leggimi forte, Salani).
Un altro aspetto non secondario sono le traduzioni: è importante proporre i classici in una versione fedele all’originale (senza riduzioni o adattamenti) ma attuale, vicina al linguaggio di oggi.
http://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-6-14-anni/scuola-primaria/30-libri-classici-e-imperdibili-della-letteratura-per-l-infanzia
PASSIONE PER L’INSEGNAMENTO: I MIGLIORI PAESI DOVE ESSERE UN INSEGNANTE
L’insegnamento e il mondo dell’istruzione sono certamente affascinanti e, alle volte, essere un insegnante può portare a moltissime soddisfazioni. Purtroppo, in Italia, la situazione lavorativa degli insegnanti e dell’istruzione scolastica non è buona e spesso questa nobile professione viene screditata o non tenuta in giusta considerazione. Vediamo quindi dove, nel mondo, professori e educatori vengono valorizzati e quali sono i dieci migliori paesi dove essere un insegnante.
Lussemburgo
In Lussemburgo, oltre ad avere stipendi molto alti per i suoi insegnanti, più di 50.000 euro l’anno dopo quindici anni d’insegnamento, la scuola e il sistema dell’istruzione sono ben equilibrati e i professori godono di una altissima libertà d’azione. Inoltre, i contributi pensionistici e le agevolazioni fiscali per gli educatori sono molti e ben studiati ma, dopo tutto, tutto il Lussemburgo è da sempre ai primi posti per la qualità della vita e del welfare.
Finlandia
Il sistema educativo finlandese è di ottimo livello e qualità, per cui, anche gli insegnanti finlandesi sono tenuti in grandissima considerazione e, oltre ad essere figure professionali estremamente preparate e consapevoli, godono - come gli insegnanti del Lussemburgo - di buona libertà d’azione e della possibilità di assegnare compiti o esami non standardizzati e moderni.
Giappone
Il paese del sol levante prende davvero seriamente l’ambito educativo, infatti,
Lussemburgo
In Lussemburgo, oltre ad avere stipendi molto alti per i suoi insegnanti, più di 50.000 euro l’anno dopo quindici anni d’insegnamento, la scuola e il sistema dell’istruzione sono ben equilibrati e i professori godono di una altissima libertà d’azione. Inoltre, i contributi pensionistici e le agevolazioni fiscali per gli educatori sono molti e ben studiati ma, dopo tutto, tutto il Lussemburgo è da sempre ai primi posti per la qualità della vita e del welfare.
Finlandia
Il sistema educativo finlandese è di ottimo livello e qualità, per cui, anche gli insegnanti finlandesi sono tenuti in grandissima considerazione e, oltre ad essere figure professionali estremamente preparate e consapevoli, godono - come gli insegnanti del Lussemburgo - di buona libertà d’azione e della possibilità di assegnare compiti o esami non standardizzati e moderni.
Giappone
Il paese del sol levante prende davvero seriamente l’ambito educativo, infatti,
Arriva “Dada”, la didattica in movimento targata Svezia
Alex Corlazzoli
La Svezia fa scuola ancora una volta. La didattica che viene dal Nord Europa sta prendendo piede in Italia. Si chiama “
Dada ” e significa “didattica in ambienti di apprendimento”. Tradotto in altre parole: gli spazi diventano protagonisti, assumono una dimensione, una loro identità. Basta con le aule tutte uguali, senza carattere, senza specificità. Le classi con il metodo “Dada” diventano tematiche e i ragazzi girano di aula in aula, mentre i professori restano nello stesso spazio, ad aspettare i ragazzi al cambio dell’ora.
L’innovativa formula è già in sperimentazione al liceo “Kennedy” di Roma e al “Labriola” di Ostia. Ma anche in Sicilia alla scuola media “Antonio Amore” di Pozzallo, la preside Mara Aldrighetti, ha deciso di combattere la dispersione scolastica dando ai ragazzi l’opportunità di “migrare”
La Svezia fa scuola ancora una volta. La didattica che viene dal Nord Europa sta prendendo piede in Italia. Si chiama “
Dada ” e significa “didattica in ambienti di apprendimento”. Tradotto in altre parole: gli spazi diventano protagonisti, assumono una dimensione, una loro identità. Basta con le aule tutte uguali, senza carattere, senza specificità. Le classi con il metodo “Dada” diventano tematiche e i ragazzi girano di aula in aula, mentre i professori restano nello stesso spazio, ad aspettare i ragazzi al cambio dell’ora.
L’innovativa formula è già in sperimentazione al liceo “Kennedy” di Roma e al “Labriola” di Ostia. Ma anche in Sicilia alla scuola media “Antonio Amore” di Pozzallo, la preside Mara Aldrighetti, ha deciso di combattere la dispersione scolastica dando ai ragazzi l’opportunità di “migrare”
venerdì 2 gennaio 2015
Umberto Eco:"Caro nipote, studia a memoria"
Il semiologo e scrittore scrive al nipotino. Con una riflessione sulla tecnologia e un consiglio per il futuro: mandare a mente 'La vispa Teresa', ma anche la formazione della Roma o i nomi dei domestici dei tre moschettieri. Perché Internet non può sostituirsi alla conoscenza né il computer al nostro cervello
DI UMBERTO ECO
Caro nipotino mio,
non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato cheprobabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.
Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).
http://espresso.repubblica.it/visioni/2014/01/03/news/umberto-eco-caro-nipote-studia-a-memoria-1.147715?ref=fbpe
DI UMBERTO ECO
Caro nipotino mio,
non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato cheprobabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.
Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).
http://espresso.repubblica.it/visioni/2014/01/03/news/umberto-eco-caro-nipote-studia-a-memoria-1.147715?ref=fbpe
LUIGI PIRANDELLO
E l’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava.
Luigi Pirandello
I DIRITTI NATURALI DI BIMBI E BIMBE
1
IL DIRITTO ALL'OZIO
a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
2
IL DIRITTO A SPORCARSI
a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti
3
IL DIRITTO AGLI ODORI
a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura
4
IL DIRITTO AL DIALOGO
ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
1
IL DIRITTO ALL'OZIO
a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
2
IL DIRITTO A SPORCARSI
a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti
3
IL DIRITTO AGLI ODORI
a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura
4
IL DIRITTO AL DIALOGO
ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
Una scuola terra terra
di Rosaria Gasparro*
C’è un’emergenza educativa in atto di cui siamo – chi più chi meno – diversamente responsabili. Ci siamo persi la natura. E non solo a scuola. Scomparsa o relegata alle due ore di scienze, come conoscenza e studio di seconda mano. Abbiamo allontanato i nostri bambini dagli alberi, dai fiori, dagli animali, dal cielo, dalle nuvole, dalla pioggia…
“La natura, in verità, fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi quanto l’incendio” diceva Maria Montessori.
Conosco un
Il banco dei bambini
di Rosaria Gasparro
“Non nasciamo uguali ma nei banchi lo diventiamo. Dal banco ci passiamo tutti, è una bella finestra per affacciarci sull’altro e sul mondo. Serve cambiare posto spesso, per cambiare il punto di vista”
...Serve cambiare posto spesso, per cambiare il punto di vista. Per allargare la visione
Dalla parte del banco, a incominciare dai maestri per sentirne la nostalgia. Per continuare a cercare e a imparare.
Sul piano di formica continuiamo a prendere forma. Il banco di scuola semplice e modesto, spesso malridotto, che a volte balla, è il nostro banco di prova. Nei banchi proviamo come si sta al mondo insieme agli altri.
C’è chi trasborda, chi segna il confine, chi non riesce a starci, chi lo cura come un giardino, chi lo tiene in disordine, chi ne fa una discarica, chi gli tira calci… Chi divide le sue cose con l’altro, chi guai a toccarle. Chi non pone limiti e chi alza muri con l’astuccio. Chi sta come un riccio e chi come un micio. Ognuno a suo modo impara a tenere banco. Ognuno ci lascia
“Non nasciamo uguali ma nei banchi lo diventiamo. Dal banco ci passiamo tutti, è una bella finestra per affacciarci sull’altro e sul mondo. Serve cambiare posto spesso, per cambiare il punto di vista”
...Serve cambiare posto spesso, per cambiare il punto di vista. Per allargare la visione
Dalla parte del banco, a incominciare dai maestri per sentirne la nostalgia. Per continuare a cercare e a imparare.
Sul piano di formica continuiamo a prendere forma. Il banco di scuola semplice e modesto, spesso malridotto, che a volte balla, è il nostro banco di prova. Nei banchi proviamo come si sta al mondo insieme agli altri.
C’è chi trasborda, chi segna il confine, chi non riesce a starci, chi lo cura come un giardino, chi lo tiene in disordine, chi ne fa una discarica, chi gli tira calci… Chi divide le sue cose con l’altro, chi guai a toccarle. Chi non pone limiti e chi alza muri con l’astuccio. Chi sta come un riccio e chi come un micio. Ognuno a suo modo impara a tenere banco. Ognuno ci lascia
A scuola non si ride più.
“A scuola non si ride più, abbiamo dimenticato la saggezza di Gianni Rodari, come se in aula non potessero entrare la calma, un po’ di leggerezza e di allegria. Le cose non vanno meglio a casa. Almeno a scuola i bambini dovrebbero rallentare – scrive Luciana Bertinato, maestra -, imparare e fare le cose con il tempo che ci vuole, avere occasioni per parlare e ascoltare, giocare con la sabbia e le foglie, percepire i profumi e gli odori, scoprire il silenzio, cogliere le sfumature”. La ribellione ai domini della velocità, del Pil e della competitività comincia a scuola
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