"Aspettarsi che tutti i bambini,della stessa età,imparino allo stesso tempo,usando gli stessi materiali...è come aspettarsi che tutti i bambini della stessa età,indossino allo stesso tempo la stessa taglia di vestiti."
COLLABORANO A QUESTO SITO:
Dott.ssa in Giurisprudenza Priscilla Scicolone (Luiss Roma)
Dott.ssa in Psicologia Anna La Guzza (Milano)
Docente Universita' Tor Vergata Prof.Aurelio Simone (Roma)
Docente Universita' di Venezia Prof. Enrico Cerni (Venezia)
Dott. Psicoterapeuta Onofrio Peritore (Licata)
Dott. in Psicologia clinica Scicolone Rosario (Lumsa Roma)
Dott. ssa in Danzaterapia (Ada Licata D'Andrea Licata)
Dott. Gianluca Lo Presti Esperto in DSA ADHD
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GLI ALUNNI DELLA CLASSE
1^B:Daniele,Arianna,Roberta,VincenzoP.,Hilary,Gemma,Simona,Alessandro R.,Gaetano,Calogero,Francesco,Flavio,AlessandroS.,Serena,Antonino,Antonio,Giorgia,Ferdinando,Alice,Kadija,Alessia,
Karim,Alberto,Vincenzo N.,Edisea,Gabriele. Tutti i genitori degli alunni

Grazie a tutti per la collaborazione

venerdì 2 gennaio 2015

Il banco dei bambini

di Rosaria Gasparro

“Non nasciamo uguali ma nei banchi lo diventiamo. Dal banco ci passiamo tutti, è una bella finestra per affacciarci sull’altro e sul mondo. Serve cambiare posto spesso, per cambiare il punto di vista”
...Serve cambiare posto spesso, per cambiare il punto di vista. Per allargare la visione
Dalla parte del banco, a incominciare dai maestri per sentirne la nostalgia. Per continuare a cercare e a imparare.
Sul piano di formica continuiamo a prendere forma. Il banco di scuola semplice e modesto, spesso malridotto, che a volte balla, è il nostro banco di prova. Nei banchi proviamo come si sta al mondo insieme agli altri.
C’è chi trasborda, chi segna il confine, chi non riesce a starci, chi lo cura come un giardino, chi lo tiene in disordine, chi ne fa una discarica, chi gli tira calci… Chi divide le sue cose con l’altro, chi guai a toccarle. Chi non pone limiti e chi alza muri con l’astuccio. Chi sta come un riccio e chi come un micio. Ognuno a suo modo impara a tenere banco. Ognuno ci lascia

una traccia. E. ha scritto il suo nome sulla sedia. Grande col pennarello nero indelebile.
P. ha scritto sotto il banco che ama G., con la penna cancellabile.
A. ha scritto viva la squadra per cui tifa.
C. ha disegnato con la matita una casetta con la strada.
M. ha scoperto da poco la matita a carboncino e quella sanguigna e fa le prove. Un sole, un albero, un cuore, una spada.
Ognuno ci lascia un segno, uno scarabocchio, la sua figurina, il suo adesivo. Le gomme da masticare no, quelle non si fa. Un po’ tutti ci scrivono il proprio nome. E lo cancellano.
Nei banchi si scrive e si costruisce la costituzione materiale della classe che si ispira a quella fondamentale con la C maiuscola. Il banco è democratico, si sta da pari a pari, mentre di fianco si siede il mondo.
Non nasciamo uguali ma nei banchi lo diventiamo. Prima

della nazione, della lingua, della fede, del genere, del denaro e della povertà, del bisogno ordinario e speciale di cui siamo tutti portatori sani, prima di tutto gli accidenti che ci definiscono accanto siede l’umanità bambina.
Il banco ha la sua etica e la sua economia. La collaborazione o la competizione. La comunanza o la separazione dei beni. I prestiti e i piccoli doni che a volte si reclamano indietro. Lo scambio e il baratto. Le intese e i patti. L’aiuto. Il copiare. Il sottobanco che brulica di segreti e libri. Di lettere d’amore, di barchette e di aerei di carta pronti a volare. Nel banco impariamo a stare vicini senza ferirci. Compagni con il panino diviso a metà.
Noi cambiamo spesso la disposizione dei banchi, in base alle esigenze del lavoro. Li sistemiamo a piccoli gruppi per raccontare le storie e per inventare le poesie. A grandi gruppi per i laboratori d’arte. In cerchio per il circle time, quando vogliamo parlare di noi. Li addossiamo alle pareti per fare teatro.
Il segreto è portarsi il banco che non c’è anche fuori. Poggiare la testa sulle braccia e mettersi in ascolto. Ogni momento, ogni luogo, è quello buono per stare ad occhi aperti ad imparare o a sognare. E funziona bene anche con gli occhi chiusi.
Dal banco ci passiamo tutti, è lì che avviene la nostra educazione sentimentale, una bella finestra per affacciarci sull’altro e sul mondo.
Il banco del futuro prossimo sarà digitale, interattivo, un monitor touchscreen a 32 pollici. Il compagno di classe sarà classmate, un quaderno multimediale che sarà fornito ad ogni bambino. Che sarà ovviamente opportunamente connesso e informato. Che però non vuol dire necessariamente formato e felice.