"Aspettarsi che tutti i bambini,della stessa età,imparino allo stesso tempo,usando gli stessi materiali...è come aspettarsi che tutti i bambini della stessa età,indossino allo stesso tempo la stessa taglia di vestiti."
COLLABORANO A QUESTO SITO:
Dott.ssa in Giurisprudenza Priscilla Scicolone (Luiss Roma)
Dott.ssa in Psicologia Anna La Guzza (Milano)
Docente Universita' Tor Vergata Prof.Aurelio Simone (Roma)
Docente Universita' di Venezia Prof. Enrico Cerni (Venezia)
Dott. Psicoterapeuta Onofrio Peritore (Licata)
Dott. in Psicologia clinica Scicolone Rosario (Lumsa Roma)
Dott. ssa in Danzaterapia (Ada Licata D'Andrea Licata)
Dott. Gianluca Lo Presti Esperto in DSA ADHD
...................................................................................................
GLI ALUNNI DELLA CLASSE
1^B:Daniele,Arianna,Roberta,VincenzoP.,Hilary,Gemma,Simona,Alessandro R.,Gaetano,Calogero,Francesco,Flavio,AlessandroS.,Serena,Antonino,Antonio,Giorgia,Ferdinando,Alice,Kadija,Alessia,
Karim,Alberto,Vincenzo N.,Edisea,Gabriele. Tutti i genitori degli alunni

Grazie a tutti per la collaborazione

martedì 31 marzo 2015

Giornata mondiale dell'Autismo - 2 aprile 2015

Immagine decorativa
Sancita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007, la Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo mira a sensibilizzare, informare, ma soprattutto promuovere la solidarietà verso i malati e le loro famiglie, per aprire un varco nel silenzio che solitamente regna attorno a questo disturbo.

“Light it up blue” (illuminalo di blu) è la campagna mondiale lanciata da Autism Speaks, la più grande organizzazione internazionale che si occupa di autismo, per “accendere i riflettori” su questa patologia: in ogni città aderente monumenti ed edifici simbolo verranno illuminati di blu per significare vicinanza ed attenzione di istituzioni e società civile alle persone che ne sono colpite e alle loro famiglie.

Un modo per accendere la speranza!

domenica 8 marzo 2015

Le 10 regole d'oro per crescere figli deficienti, debosciati e asociali


IS917-007Accontentate sempre il vostro bambino, difendetelo anche se ha torto marcio e non rimproveratelo mai ... Il tema è serissimo, cioè l'educazione dei nostri figli, ma una volta tanto è trattato con sferzante ironia. Gustatevi il decalogo di Giovanni Notarnicola.
Care mamme e cari papà, volete veder crescere i vostri figli deficienti, debosciati e asociali? Seguite alla lettera il decalogo messo a punto da Giovanni Notarnicola, psicologo, psicoterapeuta e docente di riabilitazione motoria all'università di Firenze!
Il ‘manifesto’ del bravo genitore naturalmente è ironico, perché l’obiettivo del suo autore è quello di demolire certe abitudini errate e riportare l’attenzione dei genitori sui valori corretti da inculcare ai propri figli, mettendoli in guardia sulle conseguenze che certi comportamenti, anche se adottati con intenti positivi, possono avere sui nostri figli.

1 Fin dall'infanzia accontentatelo in tutto ciò che chiede così, alla prima rinuncia, gli verranno le convulsioni. Genitori, ma anche nonni e zii, sempre a corto di tempo da dedicare ai loro figli/nipoti, pensano di compensare a questa mancanza riempiendoli di regali e regalini: caramelle, cioccolatini, giochini e qualunque altra cosa venga ai bambini in mente, in un crescendo di richieste il più delle volte inutili. E invece, ogni volta che possiamo, cerchiamo di dedicare loro del tempo, per parlare, giocare insieme. E quando le loro richieste diventano troppe, bisogna avere il coraggio e la fermezza di dire di no, di far capire loro che non si può avere tutto.

2 Non insistete con la formazione morale: onestà, solidarietà, laboriosità, mansuetudine, sono caratteristiche per persone deboli. Se ci guardiamo intorno sembra quasi che nella nostra società chi va avanti siano solo i ‘furbi’, quelli che riescono ad ottenere tanto con poco, magari sgomitando a danno di chi sta vicino. Spetta a noi genitori far comprendere ai figli che non è con questi comportamenti che si ‘vince’ davvero o che si va avanti, perché i veri successi si fondano su valori ben più profondi. Confrontiamoci con loro, magari raccontando nostre esperienze o invitandoli a raccontare le loro, sottolineando aspetti positivi e negativi di ogni comportamento. Non lasciamo insomma che i bambini ‘bevano’ tutto quel che vedono all’esterno: i messaggi che potrebbero transitare non sono sempre dei migliori!

3 Raccogliete e riordinate voi ciò che lascia in giro, crescerà pensando che le responsabilità siano solo degli altri. E’ vero che a far da soli si fa più presto che non ad aspettare che lo facciano i nostri figli, però così non si responsabilizzeranno mai. Incoraggiamoli a rifarsi il letto, a rimettere a posto le costruzioni una volta finito di giocare o ad aiutare la mamma ad apparecchiare la tavola: anche se il risultato non sarà perfetto, andrà bene così. E quando vanno a scuola, evitiamo di portar noi lo zaino: non sarà certo quel peso, trasportato di solito per pochi metri fino a raggiungere l’auto, che potrà rovinargli la schiena! “Attenzione, però: le richieste non vanno fatte come un ricatto” mette in guardia il porf. Notarnicola! “Non diciamo: ‘se metti in ordine la tua stanza ti compro… se non metti a posto non ti faccio…’; si deve mettere a posto perché è giusto che sia così, senza l’obiettivo di ottenere qualcosa in cambio”.

giovedì 5 marzo 2015

E’ importante conoscere e ricordare il vero motivo per cui si “festeggia” l’8 Marzo…


8 marzo vero grande
L’8 marzo non è “la festa” della donna…e trovo disgustoso festeggiare in locali con spogliarelli o altro..
E’, semmai, una giornata di commemorazione di ricordo e di riflessione..
Le origini della festa dell’8 marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.
Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all’interno morirono arse dalle fiamme.
http://ilgiardinodeimieisogni.altervista.org/e-importante-conoscere-e-ricordare-il-vero-motivo-per-cui-si-festeggia-l8-marzo-2

sabato 14 febbraio 2015

LETTERA DI UN FIGLIO A TUTTI I GENITORI DEL MONDO.



Non datemi tutto quello che vi chiedo. A volte chiedo solo per riscontrare quanto posso prendere. Non sgridatemi; vi rispetto meno quando lo fate e insegnate a gridare anche a me. Non vorrei imparare a farlo. Mantenete le promesse, belle o brutte. Se promettete un premio, datemelo e comportatevi così anche con le punizioni. Non mi paragonate a nessuno,specialmente a mio fratello o a mia sorella; se mi fate apparire migliore di altri,sarò io a soffrire. Non cambiate parere così spesso su ciò che devo fare; decidetevi a mantenere la vostra decisione. Permettetemi di crescere, fidandovi delle mie capacità. Se voi fate tutto al mio posto, io non potrò imparare mai. Non dite bugie in mia presenza, e non mi piace nemmeno che voi mi chiediate di dirle al vostro posto, neanche per darvi una mano. Questo mi fa sentire male e perdere la fiducia in tutto ciò che dite. Quando sbaglio ammettetelo. Questo aumenterà la mia stima per voi, mi insegnerete così ad ammettere i miei sbagli. Trattatemi con la stessa affabilità e spontaneità che avete verso i vostri amici; essere parenti non vuol dire non poter essere amici. Non mi chiedete di fare una cosa che invece voi non fate, anche se non lo dite; non farò mai ciò che voi dite ma non fate. Quando voglio condividere una mia preoccupazione con voi, non ditemi: "Non abbiamo tempo per stupidaggini" oppure "Non ha importanza, sono cose da ragazzi." Cercate di capirmi e di aiutarmi. Vogliatemi bene e ditemelo. A me piace sentirmelo dire, anche se voi credete che non sia necessario dirmelo. Abbracciatemi, ho bisogno di sentire la vostra amicizia, la vostra compagnia, in ogni momento.
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Una lettera per tutti i genitori preoccupati



Scritto il novembre 23, 2014 by maestraemamma


Una lettera per tutti i genitori preoccupati, una lettera che tocca il cuore e l’anima, una lettera per capire e poi dire grazie ai tanti docenti che ogni giorno aiutano i bambini più “difficili” ad affrontare il loro percorso di crescita.

La lettera e le relative immagini sono originariamente apparsi su The Huffington Post United States. Le parole sono state tradotte dall’inglese.


Caro Genitore,

Lo so. Sei preoccupato. Ogni giorno tuo figlio torna a casa e ti parla di QUEL bambino. Quello che continua a picchiare/spingere/pizzicare/graffiare/e forse perfino mordere gli altri. Quello che devo sempre tenere per mano in corridoio. Quello che ha un suo posto speciale sul tappeto, e a volte siede sulla sedia invece che per terra. Quello che bisogna allontanare dalle costruzioni perché non si tirano i mattoncini. Quella che s’arrampicava sulla recinzione dell’area giochi proprio mentre le dicevo di non farlo. Quello che per rabbia ha versato a terra il latte del compagno di banco. Di proposito. Mentre lo guardavo. Quello che durante l’ora di ginnastica ha sfoderato addirittura un “VAFFA”.

Ti preoccupa che QUEL bambino interferisca con l’apprendimento di tuo figlio. Ti preoccupa che finisca con l’occupare tutto il mio tempo e le mie energie, e che per questo tuo figlio non potrà godere dell’attenzione che gli spetta. Ti preoccupa che un giorno finisca per far del male a qualcuno. Ti preoccupa che quel “qualcuno” possa essere proprio tuo figlio. Ti preoccupa che quella bambina inizi ad essere aggressiva per ottenere ciò che vuole. Ti preoccupa che tuo figlio possa restare indietro con gli studi perché potrei non fare caso al fatto che fa fatica a tenere in mano la matita. Lo so.

Google, Vint Cerf lancia l'allarme: "Dietro di noi un deserto digitale, un altro Medioevo. Se tenete a una foto, stampatela"


 VINT CERF
La tecnologia digitale rischia di trasformare il ventunesimo secolo in un nuovo Medioevo, un’epoca quasi inaccessibile alla storia. Un allarme paradossale, ancora di più considerandone l’origine: il Dottor Vinton “Vint” Cerf, uno dei "padri di internet", oggi vicepresidente di Google, dove lavora da dieci anni con la carica di “Chief Internet Evangelist” (letteralmente, Evangelista-Capo di Internet). Bene, ora Cerf ci mette in guardia sul “buco nero” verso cui, inconsapevolmente, ogni giorno spingiamo i nostri documenti più cari e importanti: testi, fotografie, video che parlano delle nostre vite, ma anche documenti legali, testimonianze, informazioni

mercoledì 11 febbraio 2015

Il bullismo nella scuola: perchè alcuni bambini diventano bulli



Cos'è il bullismo
Mario Di Pietro



Durante la ricreazione, Alessandro, un alunno di seconda media, si avvicina a Luca e mentre con una mano gli torce il braccio dietro la schiena, con l’altra gli punta un coltellino sotto la gola costringendolo a ripetere davanti a un gruppo di compagni: ”Sono il tuo schiavo e tu sei il mio padrone”. Nonsiamo in una scuola del Bronx , ma in una scuola media del Veneto.
Da diverso tempo anche in Italia il fenomeno del bullismo viene riconosciuto come uno spiacevole aspetto della vita scolastica. E' opportuno però fare una chiarificazione terminologica: bullismo è la traduzione letterale della parola inglese "bulling" che ha un significato un po' diverso rispetto all'accezione italiana. Tradizionalmente, nel nostro Paese viene considerato "bullo" un individuo dotato di molto esibizionismo, piuttosto sbruffone, che ama fare il gradasso e che spesso tende a prevaricare, senza mai però raggiungere quelle caratteristiche di cattiveria e di sadismo che invece sono tipici del fenomeno del bullismo così come viene spesso osservato in ambito scolastico. E’ quindi da considerare impropria la traduzione del termine “bulling” con bullismo, anche se ormai tale errata traduzione è ampiamente diffusa nel nostro Paese.
Varie ricerche sull’argomento hanno evidenziato alcuni fattori che possono predisporre alcuni alunni ad assumere il ruolo di bulli:
Pensano che la prepotenza paghi; in qualche scuola i prepotenti sono ammirati dagli altri, riescono ad ottenere quello che vogliono ed hanno meno probabilità degli altri di essere vittimizzati.
Sono aggressivi ed impulsivi, il che li rende costituzionalmente più inclini ad intraprendere comportamenti da bullo.
Si compiacciono della sottomissione degli altri, trovano gratificante dominare gli altri e ottenere da loro accondiscendenza e complicità.
Fare i prepotenti è coerente con l'immagine potente o di duro; si tratta di uno stereotipo diffuso specialmente tra i maschi, ma sempre più anche nelle femmine.
Sembra una cosa divertente, specialmente quando si fa parte di un gruppo che molesta qualcuno.
Hanno livelli relativamente bassi di empatia, per cui il prepotente è insensibile all'evidente sofferenza degli altri.
Il pregiudizio li porta a credere che alcuni tipi di persone si meritino di essere prevaricati; ad esempio, persone di un gruppo etnico differente o ad orientamento sessuale diverso.
Una generale ostilità verso gli altri che è stata generata da esperienze negative con genitori e parenti, specialmente il sentirsi non amati e/o ipercontrollati.
Sono stati influenzati da "modelli" aggressivi, nella vita reale e/o guardando film e video violenti.
La vittima è percepita come se avesse provocato il trattamento negativo; comunemente, i bulli considerano il proprio comportamento prevaricatore come una "vendetta".
Una monotonia cronica a scuola può portare comportamenti prevaricanti come mezzo per rendere la vita scolastica più interessante.
ll raggiungimento dell’obiettivo desiderato è considerato più importante dei brutali mezzi impiegati per ottenerlo. Ciò si applica in particolar modo ad alcune persone che si trovano ad occupare una posizione di controllo e di potere.
Lo considerano parte della loro condizione; ad esempio in seguito al fatto di essere sempre stati trattati come alunni particolarmente problematici.

venerdì 6 febbraio 2015

Catullo. Poesia e rivoluzione

La prima video-lezione per il modulo in flipped learning su Catullo: brevi note biografiche, Cesare, Cicerone e Lesbia. I poetae novi.

La scongiuro signora preside, vieti a noi studenti di usare il cellulare in classe

di Marcella Manghi 4 febbraio 2015

Gentilissima Preside,                                                                        cellulare-classe-shutterstock_141219991

mi chiamo A. e frequento questo liceo, in quale classe non importa. Le scrivo dopo che ieri sera ho parlato su skype con Giulia, una mia cugina di secondo grado che vive a New York da quasi quattro anni. Mi ha detto che lì da loro, d’ora in avanti, gli studenti potranno di nuovo usare il cellulare in classe. A deciderlo è stato il sindaco della città – De Blasio – che ha revocato il divieto imposto dal suo predecessore. Motivo della concessione: soddisfare l’esigenza dei genitori di poter contattare i figli in ogni momento.
La faccio breve: le chiedo – se mai dovesse arrivare anche nel nostro Paese una simile direttiva – di trovare un escamotage per non seguirla. Insomma: ci lasci il divieto di portare il telefono in classe. Ne abbiamo diritto! Per diversi e più che ragionevoli motivi.
 
Uno. Ci sono già tante scelte da prendere in sei ore di lezione, che lei non immagina: la seconda guerra punica iniziò nel 208 o nel 218 a. C.? Il passato remoto di ‘cuocere’ è più cosse o cuocè? Per non parlare del coefficiente di rifrazione… Non mi faccia anche scegliere tra la melanzana alla parmigiana o l’insalata di pollo per la cena. Capisco che mia madre infili una mezza spesa nella pausa caffè, ma c’è un tempo per ogni cosa.

Due. Se mai un giorno – lo dico in via del tutto ipotetica, sia ben chiaro – dovessi per sbaglio marinare la scuola, la questione della reperibilità mi renderebbe tutto molto più difficile. Non impossibile, certo, ma giustificare lo sferragliare del tram che attraversa Via Torino mette alla prova anche gli studenti più brillanti in scrittura creativa.

Tre. Dopo la lezione di ginnastica, non mi sento proprio un fior di loto. Se poi arranco paonazza dalla palestra su per le scale con la sacca semiaperta sul calzino in una mano e la fiesta-al-cioccolato nell’altra (sì, sono una delle poche che ancora si concede lo sfizio dell’elementare merendina), non voglio essere immortalata nel cellulare di qualche altro studente. Magari così galantuomo da ingrandir l’immagine, mettere bene a fuoco i miei sboccianti foruncoletti frontali e diffonderla prima ancora che io abbia messo piede in classe.

Quattro. Ma soprattutto, mi liberi dalla tentazione infernale di parafrasar Dante copiando dal display. Mi lasci – almeno per qualche ora – la trepida curiosità di sapere se F.–di-quinta ha risposto al mio messaggio di ieri sera. Mi educhi insomma all’attesa di scoprire solo alle due del pomeriggio cosa succede fuori dalla scuola. Voglio solo che tutto resti com’è ora: un liceo da cui si esce ogni giorno all’ora di pranzo affamati di pasta e novità. Non le chiedo altro.

Certa che vorrà tenere in considerazione questa mia mozione, le auguro di cuore buon proseguimento.
Cordialmente, A.
@marcellamanghi
Foto cellulare da Shutterstock

giovedì 5 febbraio 2015

Albert Einstein – La sua lettera per la figlia Lieserl…

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Quando proposi la teoria della relatività, pochissimi mi capirono,
e anche quello che rivelerò a te ora,
perché tu lo trasmetta all’umanità,si scontrerà con l’incomprensione e i pregiudizi del mondo.
Comunque ti chiedo che tu lo custodisca per
tutto il tempo necessario, anni, decenni,
fino a quando la società sarà progredita abbastanza
per accettare quel che ti spiego qui di seguito.
Vi è una forza estremamente potente per la quale
la Scienza finora non ha trovato una spiegazione formale.
È una forza che comprende e gestisce tutte le altre,
ed è anche dietro qualsiasi fenomeno
che opera nell’universo e che non è stato ancora individuato da noi.
Questa forza universale è l’Amore.
Quando gli scienziati erano alla ricerca di una teoria unificata dell’universo, dimenticarono la più invisibile
e potente delle forze.
L’amore è Luce, visto che illumina chi lo dà e chi lo riceve.
L’amore è Gravità, perché fa in modo
che alcune persone si sentano attratte da altre.
L’amore è Potenza, perché moltiplica
il meglio che è in noi, e permette che l’umanità
non si estingua nel suo cieco egoismo.
L’amore svela e rivela. Per amore si vive e si muore.
Questa forza spiega il tutto e
dà un senso maiuscolo alla vita.
Questa è la variabile che abbiamo ignorato per troppo tempo,
forse perché l’amore ci fa paura,
visto che è l’unica energia dell’universo che l’uomo
non ha imparato a manovrare a suo piacimento.
Per dare visibilità all’amore, ho fatto una semplice
sostituzione nella mia più celebre equazione.
Se invece di E = mc2 accettiamo che l’energia per guarire il mondo
può essere ottenuta attraverso
l’amore moltiplicato per la velocità della luce al quadrato,
giungeremo alla conclusione che l’amore è
la forza più potente che esista, perché non ha limiti.
Dopo il fallimento dell’umanità nell’uso e il controllo
delle altre forze dell’universo,
che si sono rivolte contro di noi, è arrivato il momento
di nutrirci di un altro tipo di energia.
Se vogliamo che la nostra specie sopravviva,
se vogliamo trovare un significato alla vita,
se vogliamo salvare il mondo e ogni essere senziente che lo abita,
l’amore è l’unica e l’ultima risposta.
Forse non siamo ancora pronti per fabbricare una bomba d’amore,
un artefatto abbastanza potente da distruggere tutto l’odio,
l’egoismo e l’avidità che affliggono il pianeta.
Tuttavia, ogni individuo porta in sé un piccolo ma potente generatore d’amore la cui energia aspetta solo di essere rilasciata.
Quando impareremo a dare e ricevere questa energia universale, Lieserl cara,
vedremo come l’amore vince tutto,
trascende tutto e può tutto, perché l’amore è la quintessenza della vita.
Sono profondamente dispiaciuto di non averti potuto esprimere
ciò che contiene il mio cuore,
che per tutta la mia vita ha battuto silenziosamente per te.
Forse è troppo tardi per chiedere scusa, ma siccome il tempo è relativo,
ho bisogno di dirti che ti amo e che grazie a te sono arrivato all’ultima risposta.

Tuo padre Albert Einstein

Chi studia musica a scuola protegge il cervello quando sarà anziano


Chi studia musica a scuola protegge il cervello quando sarà anziano 
Lo sostengono dei ricercatori del Rotman Research Institute di Toronto: gli studiosi hanno dimostrato che l'educazione musicale, se fatta in età giovanile, produce benefici nella terza età, aiutando a fronteggiare meglio il decadimento cognitivo e prevenire la perdita delle competenze di linguaggio e ascolto.

Lo studio della musica in età precoce protegge il cervello da anziani. A sostenerlo sono un gruppo di ricercatori del Rotman Research Institute di Toronto, attraverso uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience: gli esperti canadesi hanno dimostrato che l'educazione musicale, se fatta da bambini, produce benefici anche nella terza età, aiutando a fronteggiare meglio il decadimento cognitivo e prevenire la perdita delle competenze di linguaggio e ascolto.
Dalla ricerca è infatti emerso che gli anziani che avevano studiato musica da bambina erano del 20% più veloci nell'identificare i suoni e i testi dei discorsi rispetto ai loro coetanei. Una qualità già osservata anche nei giovani che hanno studiato musica. Tra le funzioni cognitive che possono peggiorare con l'età c'è infatti la comprensione dei discorsi, anche quando non si hanno problemi di udito.
Già precedenti studi avevano confermato che il sistema uditivo centrale del cervello, che aiuta ad analizzare, sequenziare e identificare le caratteristiche acustiche del discorso, si indebolisce con gli anni. Ma iniziando a studiare uno strumento musicale prima dei 14 anni e continuando a farlo per 10 anni si potenziano le aree chiave del cervello deputate al riconoscimento delle parole. Un beneficio che si mantiene anche quando si è anziani.
In conclusione, la risposta del cervello è migliore di 2 anche 3 volte nei vecchi musicisti rispetto ai coetanei non musicisti. Il cervello degli anziani che hanno studiato musica riesce infatti a descrivere in modo più dettagliato, limpido e accurato i suoni dei discorsi, cosa che consente loro di capire meglio quanto stanno ascoltando, aiutando così a fronteggiare il declino cognitivo provocato dall'età. Pertanto, il ruolo della musica è importante sia sui banchi di scuola, sia nei programmi di riabilitazione della terza età.

domenica 1 febbraio 2015

MISOFONIA

Misofonia

screech - torture your friends
Ci sono dei suoni che vi danno particolare fastidio, come il rumore di chi si soffia il naso, mastica o deglutisce, oppure il clic del mouse?
Potrebbe essere un problema di misofonia, l’avversione per uno o più suoni specifici che invece ad altri non creano alcun disagio.

Si differenzia dall’iperacusia, che invece è una patologia caratterizzata da un aumento della sensibilità uditiva, ad es. a causa di infiammazioni, e dalla fonofobia, un disturbo psichico che si manifesta con un terrore ossessivo dei suoni intensi.

Non va confusa con la misofobia, la paura morbosa di sporcarsi a contatto di determinati oggetti che spinge ad adottare misure igieniche esagerate.

Qualche nota lessicale

Misofonia, iperacusia, fonofobia e misofobia sono esempi di    composizione neiclassica (o confissazione), parole ottenute con elementi formativi delle lingue classiche, come miso- e -fonia dal greco μισο- , odio, e ϕωνή, suono (misofobia invece deriva da μύσος “sozzura”).

Come già accennato in Terminologia medica inglese e italiana, in inglese i termini di origine greca e latina risultano poco trasparenti e spesso esistono nomi alternativi: per misofonia selective sound sensitivity syndrome e sound rage, riportati dal sito Misophonia.

Ho dato un’occhiata a Misophonia arrivandoci da Does chewing, tapping and typing send you into a rage? e lo consiglio a chi insegna inglese: gli   elenchi di stimoli sonori che possono suscitare reazioni negative mi sembrano molto utili per l’arricchimento lessicale!

Per mouth and eating, ad esempio, si trovano “ahhs” after drinking, burping, chewing, crunching (ice, other hard food), gulping, gum chewing and popping, kissing sounds, nail biting, silverware scraping teeth or a plate, slurping, sipping, licking, smacking, spitting, sucking (ice, etc) swallowing, talking with food in mouth, tooth brushing, flossing, tooth sucking, lip smacking, wet mouth sounds, grinding teeth, throat clearing, jaw clicking.
.                                                                                                                                           Licia

martedì 20 gennaio 2015

Ad un figlio... di Angela Mancuso

 
                                           AD UN FIGLIO…
Dovrai farti cieco
per svirgolare tra le buche
per correre senza inciampare
indovinando una rosa fra mille viole
e fissarti al sole come aquila reale
mentre tutti si disperano a cercare
dimenandosi come vermi
nei barattoli di un pescatore.

Dovrai farti sordo
per suonare le sinfonie dell’acqua
per rispondere ai discorsi dei pesci
cogliendo i mormorii delle stelle
e scioglierti al vento come spora leggera
mentre tutti si scordano di ascoltare
e irrompono stonati
sui tasti di un vecchio piano.

Dovrai farti muto e stanco
perché tutti leggano le tue mani.
Il peso sulle spalle
lo porterai da solo.

Il tuo
è un destino favoloso.

(Angela Mancuso)

domenica 18 gennaio 2015

Parole dell’anno 2014

Da WOTY a PdA
L’ultima parola della settimana del 2014 scelta da Giuseppe Antonelli per La lingua batte di Radio3 è PdA, acronimo di parola dell’anno e calco dell’inglese WOTY, word of the year. Nel podcast potete ascoltare le parole dell’anno annunciate finora per l’inglese, la lingua che ha fatto nascere questa tradizione, e per alcune altre lingue.
Selfie parola dell’anno: 2013 in inglese, 2014 in italiano
I lettori di Repubblica hanno scelto selfie come parola dell’anno 2014, preferendola a ebolae Jobs Act e altre nove parole selezionate dal linguista Massimo Arcangeli:


Dettagli in Tutte le sfumature del “selfie”, parola dell’anno 2014 con molti esempi dineologismi inglesi modellati su selfie, forse poco noti ai lettori italiani ma che hanno già ricevuto molta attenzione in inglese grazie a Selfie parola dell’anno 2013.
Credo che selfie sia rilevante anche perché in breve tempo ha già subito alcunicambiamenti di significato. Ne ho parlato lo scorso aprile in Da selfie a selfare / selfarsi, dove potete trovare anche altri neologismi come metaselfie, selfista e selfie stick.

Parole in evidenza nei media nel 2014

Stefania Spina ha confrontato più di 60.000 articoli di giornale pubblicati nel 2014 con 180.000 articoli pubblicati nel 2012 e nel 2013 e ha ricavato il contributo lessicale specifico del 2014 per quel che riguarda cronaca (mondiali, baby squillo, ebola, alluvioni…), notizie dal mondo (Isis, Ucraina, sanzioni, decapitazione…), politica italiana(renziani, renzismo, bonus, riforme, spending review…), parole quotidiane (tweet, genitori, ex di vario genere…). È un’analisi statistica molto interessante, che potete leggere in Selfie, patto e stress: le parole-chiave del 2014 secondo i giornali.
Parole e neologismi dell’anno nel blog
Alcune delle parole scelte da Repubblica che ho descritto anch’io nei mesi scorsi:
Dai fuchi ai droni (origine del nome e note sulla sua pronuncia)
L’evoluzione di spending review (da anglicismo a pseudoprestito)
Ebola: interferenze dell’inglese (i media sbagliano quando omettono l’articolo)
Get your [Jobs] Act together! (il primo di alcuni post su un anglicismo non giustificato)

Altre parole che si sono fatte notare nel 2014:

♦ Politica: ghigliottina e tagliola e canguro
♦ Cronaca: bomba d’acqua e accometaggio
♦ Tecnologia: [dispositivi] indossabili, tra cui Apple Watch
♦ Parole recenti ma già in evoluzione: non solo selfie ma anche hashtag.
La mia personale parola dell’anno è inglese farlocco, tag per il blog e hashtag per Twitter che ho cominciato a usare qualche mese fa per descrivere brevi comunicazioni o nomi destinati a un pubblico italiano ma scritti esclusivamente in inglese poco idiomatico o addirittura errato però facilmente comprensibile o riconoscibile, tanto che ogni spiegazione italiana viene ritenuta superflua. Un esempio tipico è Jobs Act.

                                                                                                                                  Licia Corbolante

Maccarello, pesce ruffiano

Ho scoperto solo recentemente che lo sgombro (scombro?) si chiama anche maccarello(cfr. inglese mackerel), nome che ha un’etimologia curiosa. Dal Vocabolario Devoto-Oli:


Questo etimo però non è sgombro da dubbi: per il Vocabolario Treccani e altri dizionari è un’origine poco convincente.

La parola dell’anno: gelicidio

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Si avvicina il momento in cui si proclamano le parole dell’anno, cioè le parole, di solito i neologismi, che sono apparse più significative e rappresentative dell’anno che sta per finire. Io ho già scelto la mia parola dell’anno. Ègelicidio. Il suo significato, secondo il dizionario Treccani, è ‘fenomeno meteorologico piuttosto raro (anche detto tempesta di ghiaccio, vetrone, vetrato), per il quale l’acqua piovana, cadendo con temperatura inferiore a 0 °C (ma ancora liquida per soprafusione), si congela rapidamente a contatto degli oggetti colpiti, rivestendo tutto di ghiaccio liscio e limpido e arrecando gravissimi danni alla vegetazione’. Deriva dal lat. gelicidium, a sua volta composto di gelu ‘gelo’ e di -cidium, da cadĕre‘cadere’.
Non è, in realtà, una parola recente. Nella storia dell’italiano, nel significato più generico di ‘gelata, brinata’, o ‘gelo, temperatura rigida’, o ‘ghiaccio, brina’, è attestata fin dal Trecento. In anni recenti la parola è stata recuperata nel lessico della metereologia, nel significato che ho riportato prima. Di qui è stata, sia pure sporadicamente, ripresa dai giornali: occorrenze di gelicidio si trovano nel «Corriere della Sera» dal 2006. A dicembre 2009, in occasione di un gelicidio che si è verificato nella pianura padana, il «Corriere della Sera» ha dedicato una scheda alla parola.

sabato 17 gennaio 2015

Ogni 14 giorni scompare una lingua

Sabato 17 gennaio è la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali.
L’Istat: in Italia il 9% della popolazione parla il vernacolo (ma solo in famiglia)



Sabato 17 gennaio, la terza edizione della Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue locali per promuovere l’importanza del vernacolo. «Nel mondo ogni 14 giorni scompare una lingua locale portando dietro di sé tradizioni, storia, cultura - ha detto il Presidente dell’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, Claudio Nardocci - Le Pro Loco hanno raccolto questo grido d’allarme sul fenomeno. Le lingue locali sono il collante che ci lega alle nostre radici». Intanto l’Istat fa sapere che
(dati del 2012) in Italia, il 53,1% delle persone di 18-74 anni (23 milioni 351 mila individui ) parla in prevalenza italiano in famiglia. La quota aumenta quando ci si intrattiene con gli amici (56,4%) e, in misura più consistente, quando si hanno relazioni con persone estranee (84,8%). L’uso prevalente del dialetto in famiglia riguarda il 9% della popolazione di 18-74 anni (3 milioni 976 mila persone). Dal 1995 al 2012 è aumentata costantemente la quota di chi usa l’italiano in modo prevalente o abbinato al dialetto, in tutti e tre i contesti relazionali. L’uso prevalente dell’italiano decresce con l’aumentare dell’età a favore dell’uso esclusivo e combinato al dialetto: in famiglia varia dal 60,7% dei giovani di 18-24 anni al 41,6% dei 65-74enni.«La valorizzazione delle diversità culturali presenti nel territorio italiano — continua Nardocci — e, già da tempo, in tutta Europa può inoltre contribuire a creare una cultura del rispetto

http://www.corriere.it/cultura/15_gennaio_16/ogni-14-giorni-scompare-lingua-0e3669cc-9da2-11e4-b018-4c3d521e395a.shtml