"Aspettarsi che tutti i bambini,della stessa età,imparino allo stesso tempo,usando gli stessi materiali...è come aspettarsi che tutti i bambini della stessa età,indossino allo stesso tempo la stessa taglia di vestiti."
COLLABORANO A QUESTO SITO:
Dott.ssa in Giurisprudenza Priscilla Scicolone (Luiss Roma)
Dott.ssa in Psicologia Anna La Guzza (Milano)
Docente Universita' Tor Vergata Prof.Aurelio Simone (Roma)
Docente Universita' di Venezia Prof. Enrico Cerni (Venezia)
Dott. Psicoterapeuta Onofrio Peritore (Licata)
Dott. in Psicologia clinica Scicolone Rosario (Lumsa Roma)
Dott. ssa in Danzaterapia (Ada Licata D'Andrea Licata)
Dott. Gianluca Lo Presti Esperto in DSA ADHD
...................................................................................................
GLI ALUNNI DELLA CLASSE
1^B:Daniele,Arianna,Roberta,VincenzoP.,Hilary,Gemma,Simona,Alessandro R.,Gaetano,Calogero,Francesco,Flavio,AlessandroS.,Serena,Antonino,Antonio,Giorgia,Ferdinando,Alice,Kadija,Alessia,
Karim,Alberto,Vincenzo N.,Edisea,Gabriele. Tutti i genitori degli alunni

Grazie a tutti per la collaborazione

giovedì 11 dicembre 2014

Un milione di dollari per il prof più bravo del mondo. Due italiani in lizza.

Il concorso della Varkey Gems Foundation pensato per valorizzare la figura e il ruolo dell’insegnante in tutto il mondo. Fra le star coinvolte, Bill Clinton e Kevin Spacey

«And the winner is…». Luci, palco, pubblico col fiato sospeso. E poi il nome che risuona, l’assegno generosissimo, la felicità. Ma può un insegnante diventare una star, senza passare per Hollywood? Ritrovarsi famoso nel mondo per quello che fa ogni giorno, con pazienza, fatica, competenza e pochi, nella quotidianità, disposti a dirgli «bravo»? Succederà. Sta succedendo. Grazie a un’idea della Varkey Gems Foundation (braccio filantropico di Gems Education, colosso dell’istruzione privata basato a Dubai, con uffici in dieci Stati, dagli Usa a Singapore, e scuole frequentate da 150mila studenti), che ha messo in palio un milione di dollari da assegnare a un prof eccezionale, che abbia dato uno straordinario contributo alla professione.

La prof Daniela e i suoi ragazzi diversamente abili
Il bando in marzo, poi la selezione tra 5mila nomi di tutto il mondo e oggi l’annuncio della rosa finale. Tra i 50 candidati migliori ci sono anche due italiani: Daniela Boscolo, docente di un istituto tecnico della provincia diRovigo e Daniele Manni, di Lecce. La prof veneta che insegna a studenti diversamente abili dell’Itsc Colombo di Porto Viro, «ha sperimentato metodidiversi per sviluppare la loro capacità d’interazione», si legge nella...
http://www.corriere.it/scuola/secondaria/14_dicembre_07/milione-dollari-il-prof-piu-bravo-mondo-due-italiani-lizza-6b5e7f18-7dfe-11e4-9639-7f4a30c624ee.shtml

Autismo: che cos'è. Sintomi, cause, segnali e strategie per i genitori

di Francesca Amépha-077321

Gli autistici sono super-intelligenti. Gli autistici non capiscono nulla. Un bambino autistico non può parlare e non può frequentare una scuola pubblica. Se un bambino a due anni non parla allora ha un ‘autismo lieve’. L’autismo è contagioso. L’autismo è ereditario. Una persona autistica è pericolosa…. Continuiamo? Sono davvero tante le inesattezze, i luoghi comuni e le vere e proprie sciocchezze sul Disturbo Autistico.
Nostrofiglio.it fa chiarezza sul tema

Quando compilare il PDP


Gianluca Lo Presti
Il PDP può essere compilato in qualsiasi periodo dell’anno.
Se vi è diagnosi di DSA si compila entro 3 mesi.
http://gianlopresti.blogspot.it/2014/12/quando-ed-entro-quando-compilare-il-pdp.html

Il latino si impara con Lvdvs

Inventata da un ingegnere insegna la lingua di Cicerone agli studenti: a Roma sperimentazione nei licei. Gratuita si finanzia attraverso il crowdfunding

di Alessandro Luongo
 Imparare una lingua antica con uno strumento moderno, un’applicazione. E così il latino, con il telefono odierno, diventa un gioco da ragazzi. Ideata da Gianluca Sinibaldi, un ingegnere quarantenne romano che al liceo non «l’ha mai imparata», Lvdvs vuole provare a cambiare qualcosa nel modo di apprendere, sfruttando proprio lo smartphone, uno strumento

ACCADDE OGGI MARCONI VINCE IL PREMIO NOBEL

11 DICEMBRE 1909




Guglielmo Marconi viene insignito del premio Nobel per la Fisica. L’Accademia di Stoccolma conferisce il riconoscimento allo scienziato italiano e al tedesco Karl Ferdinand Braun per i loro contributi allo sviluppo del telegrafo senza fili.(Tecnica della Scuola)

mercoledì 10 dicembre 2014

E' la furia del gigante Tifeo a risvegliare l'Etna

eruzioni, etna, leggenda, mito, tifeo, Catania, Cultura
Il Mito

Tifone, sconfitto dal Re degli Dei, è stato imprigionato da Zeus sotto il vulcano in una sorta di crocefissione. Ecco il mito che spiega il motivo delle continue eruzioni e delle scosse di terremoto nell'Isola
Quando l'Etna si risveglia ad uscire dal sonno è in realtà il gigante Tifeo (o Tifone), costretto in eterno a sostenere su di sé il peso della Sicilia, in una sorta di crocefissione voluta dal re degli Dei. Viene spiegato così il motivo delle continue eruzioni del vulcano e delle scosse di terremoto nell'Isola.

Unicef: "15 milioni di bambini coinvolti in gravi conflitti"

Pasquale Almirante Martedì, 09 Dicembre 2014
L’anno più devastante è stato proprio il 2014. "Ben 15 milioni di bambini sono stati coinvolti in conflitti violenti in Repubblica Centrafricana, Iraq, Sud Sudan, Stato della Palestina, Siria e Ucraina compresi tutti i bambini sfollati interni o che vivono come rifugiati. A livello globale, 230 milioni di bambini attualmente vivono in paesi e aree colpite da conflitti armati": è l'allarme lanciato
dall'Unicef.

Lo splendido discorso di Malala Yousaf, la ragazza che a soli 17 anni vince il Nobel per la Pace

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Oggi ha ricevuto il Nobel

LA MORTE DI PIRANDELLO


10 dicembre
Muore a Roma Luigi Pirandello, scrittore, drammaturgo e poeta.
Raggiunge il successo nel 1904 con il romanzo “Il fu Mattia Pascal”. Dagli anni Venti, Pirandello si dedica completamente al Teatro, fondando la Compagnia del teatro d'arte. Nel 1934, è insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Tra le sue opere più note: “Uno, nessuno, centomila”, “Il berretto a sonagli”, “Così è (se vi pare)”, “Sei personaggi in cerca d’autore”.

lunedì 8 dicembre 2014

La Finlandia dice addio al corsivo Dal 2016 non si insegnerà più

Una scelta dettata dal pragmatismo: lo stampatello è più veloce e più facile. I dubbi di psicologi e pedagogisti.

Corsivo, addio. La Finlandia, il Paese con uno dei sistemi educativi più avanzati al mondo, ha deciso di mandare definitivamente in soffitta gli arnesi della bella calligrafia che fu dei nostri nonni e genitori e in parte è ancora nostra (per i nostri figli è tutto da vedere!). Da agosto 2016 nessun bambino finlandese imparerà più a scrivere le lettere dell’alfabeto una legata all’altra, ma solo in stampatello, con i caratteri lì belli chiari per tutti, facili da scrivere e soprattutto da leggere. E al posto delle lezioni di calligrafia si imparerà a battere sul computer. Così ha deciso l’Istituto Nazionale di Educazione finlandese: con buona pace dei tanti argomenti e dei tanti studi di psicologi e pedagogisti che dimostrano come il corsivo non sia solo un vecchio arnese ma serva a sviluppare precise capacità cognitive nei bambini.
Negli Stati Uniti il corsivo non esiste già più
La Finlandia non è certo il primo Paese a imboccare questa strada. Negli Stati Uniti, ad esempio, il corsivo non lo usa quasi più nessuno. Quello che sorprende semmai è che a tagliare i ponti con la bella scrittura sia lo stesso Paese che non soltanto primeggia nelle classifiche Ocse-Pisa sulle...

Corsivo addio, dal 2016 si scriverà solo in stampatello

Quella che sembrava una provocazione, in Finlandia diventa realtà: entro due anni gli studenti invece della calligrafia o scrittura corsiva dovranno imparare il ‘fluent typing’. Il motivo? L'addio progressivo alla penna e al passaggio alla tastiera dei pc: perché saper scrivere al computer è più rilevante nella vita di tutti i giorni. Ma non tutti sono d’accordo.
L’intervento di Yahis Martari, docente del Laboratorio di scrittura all'Università di Bologna, programmato tra poche ore a Radio3Scienza sul disuso del corsivo nelle scuole è tutt’altro che una provocazione: in alcuni Paesi l’utilizzo dello stampatello da parte degli alunni sta diventando esclusivo.
Come nelle scuole finlandesi, dove l’abbandonano del corsivo diventa ufficiale. Il motivo è semplice: viene considerato come il primo passo per avvicinare i piccoli alle tastiere dei pc.
“Se imparare la bella scrittura, in quei paesi con sistemi educativi di tutto rispetto come il Regno Unito è quasi un rito di passaggio per gli studenti della scuola primaria, la Finlandia – scrive l’Ansa - è già proiettata nel futuro e a partire dall'autunno 2016 gli studenti finlandesi invece della calligrafia o scrittura corsiva dovranno imparare il ‘fluent typing’, lo stampatello. In vista dell'addio alla penna e al passaggio alla tastiera del computer”.
"Questo passaggio aprirà la strada a un grande cambiamento culturale - ha detto Minna Harmanen del Consiglio Nazionale dell'educazione finlandese, riporta la Bbc - ma saper scrivere al computer è più rilevante nella vita di tutti i giorni".
E come per ogni importante cambiamento che investe anche solo parte della società ci sono

Una grande lezione, quanto è importante l’autostima dei bambini e degli adulti


Ho letto questa storia la prima volta tanto tempo fa, su un libro a me molto caro, e fin da subito ne sono rimasto colpito.
Quando poi ho iniziato a ragionare sull’importanza dell’autostima per i bambini e sui modi per insegnare ai nostri figli a credere in loro stessi, mi è tornato in mente questo brano bellissimo, che ora condivido con voi perchè possa esservi di ispirazione e di supporto nell’infondere autostima nei vostri figli.
Si chiamava Mrs Thompson. In piedi davanti alla sua classe del quinto anno il primo giorno di scuola, disse una bugia ai bambini. Come la maggior parte degli insegnanti, guardò gli studenti e disse loro di amarli tutti alla stessa maniera. Ad ogni modo, quanto aveva appena affermato non era possibile, perché in prima fila, tutto scomposto nel banco, era seduto un ragazzetto di nome Teddy Stoddard. Mrs Thompson aveva osservato Teddy l’anno

sabato 6 dicembre 2014

La circolare sulla valorizzazione delle eccellenze 2014/2015



Con la Circolare n. 50 del 27 novembre 2014 il Miur informa che con decreto n. 615 dell'8 agosto 2014, registrato dalla Corte dei Conti il 5 novembre 2014 (foglio 5015), il Ministro ha definito il programma nazionale di promozione delle eccellenze per l'a.s.2014/2015 che prevede il riconoscimento di incentivi per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado che raggiungono risultati elevati nelle competizioni elencate nella relativa tabella A e per gli studenti che ottengono la votazione di 100 e lode agli esami di Stato.
Come per i passati anni scolastici, le risorse finanziarie saranno inviate alle scuole frequentate dai ragazzi meritevoli affinché provvedano alla premiazione degli studenti con uno dei seguenti incentivi:
a) benefit e accreditamenti per l'accesso a biblioteche, musei, istituti e luoghi della cultura;
b) ammissione a tirocini formativi;
c) partecipazione ad iniziative formative organizzate da centri scientifici nazionali con destinazione rivolta alla qualità della formazione scolastica;
d) viaggi di istruzione e visite presso centri specialistici;
e) benefici di tipo economico;
f) altre forme di incentivo secondo intese e accordi stabiliti con soggetti pubblici e privati.
Il Miur ricorda che gli incentivi di tipo economico corrisposti a favore degli studenti meritevoli non sono assoggettati ad alcun regime fiscale in quanto tali "incentivi perseguono la finalità di interesse generale di stimolare eaccrescere in senso ampio l'interesse

Il corsivo è sempre più in disuso

Dopo il punto e virgola, sempre più in disuso nell'italiano scritto, anche il corsivo sembra seguire analoga tendenza.
Seppur non ancora scomparso, soprattutto fra gli adolescenti al corsivo nella scrittura a mano viene preferito lo stampatello. Negli Stati Uniti è quasi scomparso e anche in Italia il suo uso si sta riducendo, forse – dice Yahis Martari - in conseguenza della diffusione dei social network.
Agli studenti finlandesi, secondo quanto riportato

DATECI IL TEMPO …




Tempo per giocare,
per ascoltare, per capire
o per sbagliare.
E poi quello per pensare,
per amare, raccontare,
disegnare e colorare.
Per fare un girotondo
e abbracciare tutto il mondo.
Perché mai voi
volete accelerare?
La vostra corsa incalzante
confonde la nostra mente.
Se la ragione dell’imparare
è fare bene un test
o un questionario
a noi ci sembrerà un calvario.
Riflettete,per favore,
noi desideriamo studiare
ma anche la musica ascoltare,
il volto colorare,la poesia recitare,
il tempo assaporare e rallentare,
le parole dell’ amico accarezzare.
Non rubateci del tempo
con degli assurdi obiettivi,
vogliamo solo essere bambini.
Dimostrate a tutti noi
che capite anche voi.
Come potete mai pensare
di farci crescere e valutare
se nelle vostre stanze segrete
i nostri sogni,le speranze
le emozioni e i sentimenti
non includete?
Non perdete l’occasione
di mostrare ai più piccini
che gli adulti son capaci
di cambiare e colorare
atteggiamenti e destini.
C’è un tempo per capire
che più lento devi andare.
Occorre perdere del tempo
per poterne guadagnare.
                                       Rosetta Cavallo

Metodo Montessori: inventato in Italia, diffuso altrove

Da noi le strutture sono 150. Negli Usa 5mila. La scuola pubblica uccide anche il metodo Montessori


La maggior parte degli italiani la conosce solo come la signora delle vecchie mille lire. Ma all’estero Maria Montessori è semplicemente Maria Montessori, la signora della scuola che inventò uno dei metodi pedagogici più famosi al mondo, quello che punta sull’indipendenza e la creatività del bambino e sul rispetto dello sviluppo fisico, sociale e psicologico degli studenti.
Con il metodo Montessori si sono formati premi Nobel, guru della Rete, economisti e star del cinema: da Bill Gates ai fondatori di Google, Sergey Brin e Larry Page, da Jeff Bezos di Amazon a Jimmy Walls di Wikipedia, ma anche Garcia Marquez, Mario Draghi, George Clooney e i principi William ed Harry d’Inghilterra. In Italia, tra i montessoriani famosi ci sono Niccolò Ammaniti e i fratelli Sabina e Corrado Guzzanti.
Nel mondo il metodo nato in Italia nel 1907 è applicato in oltre 22mila scuole, di cui 5mila negli Stati Uniti e 1.200 in Germania. Se si considerano anche le scuole “a indirizzo montessoriano”, il numero sale a 66.400, diffuse dall’Arabia Saudita alla Cambogia. In Italia, invece, mentre si parla di “buona scuola”, le strutture che si ispirano agli insegnamenti di Maria Montessori sono ancora poco più di 150, quasi tutte materne ed elementari e concentrate soprattutto al Nord (104 “Case dei bambini” e scuole elementari, più 27 nidi, 18 “Case dei bambini private”, due scuole paritarie medie e due scuole paritarie superiori nell’anno accademico 2009-2010).

Abolizione del voto nella scuola primaria


La scuola primaria ha un valore essenzialmente formativo, il voto (numerico in particolare) si conforma invece come giudizio. Non è una valutazione ma un punteggio dato al bambino sulla base dei contenuti appresi. La scuola deve invece lavorare su un piano diverso: supportare i punti di debolezza per migliorarli e puntare su quelli di forza. Il lavoro complesso della crescita e della maturazione nella fase dell'età evolutiva non può avere come sistema di valutazione una scala numerica (come nella scuola dei primi del '900...). Pensiamo a forme articolate di valutazione discorsiva, che si avvalga di colloqui con famiglia e bambino stesso, che utilizzi strumenti di verifica volti al miglioramento e una successiva valutazione che sia davvero formativa e che dia SENSO all'esperienza di apprendimento. Se vogliamo riferimenti pratici: le scuole più all'avanguadia (pensiamo ai Paesi scandinavi) non hanno il voto; sistema mai preso in considerazione, ed anzi fortemente contestato, dai grandi pedagogisti ed educatori della nostra storia.                                                                                                                                                                                                                                              Elisabetta lombardo

Parlaci dell'Insegnare: estratto da "Il Profeta" di Gibran


Ho riletto per caso, in tutta la sua bellezza, questo passo di Kahlil Gibran, tratto dal celebre "Il Profeta".

Allora disse un maestro: Parlaci Dell'Insegnare.                                                                     
Ed egli disse:
Nessun uomo può rivelarvi nulla, se non quello che già sonnecchia nell'alba della vostra conoscenza.
Il maestro che cammina all'ombra del tempio tra i suoi discepoli non offre il suo sapere ma piuttosto la sua fede e il suo amore.
Se egli è saggio non vi inviterà ad entrare nella dimora del suo sapere, ma vi guiderà piuttosto verso la soglia della vostra propria mente.
L'astronomo può dirvi ciò che egli sa dei grandi spazi, ma non può dare a voi la sua conoscenza.

Il musico può cantarvi del ritmo che è in aria, ma non può darvi l'orecchio che ferma quel ritmo né la voce che lo riecheggia.
E chi è versato nella scienza dei numeri può descrivervi i mondi del peso e della misura, ma non potrà guidarvi colà.
Poiché la visione di un uomo non presta le proprie ali a un altro uomo.
E come ognuno di voi è solo davanti all'occhio conoscitivo di Dio, così ognuno di voi deve essere solo nella sua conoscenza di Dio e nella sua conoscenza della terra.

                                                                                                 Kahlil Gibran, Il Profeta

Note disciplinari folli !!!



... perché " chi non ride mai non è una persona seria" ...
1. “L’alunno A.S. viene chiamato per il recupero dell’interrogazione di storia visto l’esito della precedente, l’alunno declina la mia offerta dicendo di esser fiero del suo 4 e chiede con insistenza se ne può avere un altro per confermargli la media.”
 2. “L’alunno O.T. arrotola come fosse un megafono il libro di geografia e lo utilizza per urlare fuori dalla finestra.”
 3. “Al mio arrivo in classe, trovo la maggior parte degli alunni, capitanati dal solito F.L., in pantaloncini, intenti a provare schemi di football americano gettandosi chi sui banchi, chi sulla cattedra e chi sull’ alunno S.P. provocandone l’ira e il pianto. Il tutto è coronato da urla disumane, versi di animale ed esclamazioni poco consone all’ ambiente scolastico. Chiedo l’intervento del signor Preside.”
 4. “P.R. e S.T. sbattono ripetutamente la testa contro l’armadio.”
 5. “L’alunno G.M. si è proposto come mio segretario chiedendo la paga”
 6. “C.denuncia la scomparsa del panino”
 7. “L’alunno B.B. giustifica l’ assenza del giorno 24/05/09 per: Tempesta di sabbia sahariana (ci tengo a precisare che siamo in Italia)”
 8. “G.T. infarcisce la lezione con urla isteriche.”
 9. “Durante l’odierna ora di supplenza, gli alunni D. e V. si concedono il lusso di sfidarsi ad una gara di rutti; tutto questo mentre B., l’organazzatore, riprendeva con il cellulere. Chiedo severi provvedimenti”
 10. B. corre sulla cattedra”
 11. L’alunno F. giustifica l’assenza pomeridiana del 12/01/2009 dicendo che doveva finire di confessarsi.
 12. “L’alunno M.L. rientra dopo 35 minuti dal bagno affermando che il bidello l’aveva sfidato a poker e che lui
doveva difenderlo.”
 13. “Prego volermi far uscire dall’istituto oggi, giorno 17/11/2009 alle ore 11.40. Motivazione: Mi sto rompendo le palle”
 14. “La classe disturba e scaraventa palline di carta inzuppate di saliva contro l’insegnante”
(ora successiva, professore diverso) “Me ne sono accorto. Prof. G.”
 15. “P.C. scambia figurine con la bidella”
 16. “Alla richiesta di giustificare l’assenza di ieri, F. scappa.”
 17. “La classe è incomprensibilmente dimezzata.”
 18. “Oggi in classe è presente solo un banco. Gli alunni, invece, ci sono tutti.”
 19. “L’alunno C.N. nuoce alla didattica.”
 20. “La classe ostenta ignoranza”
 21. “D.G. spezza matite con il naso
 22. “In classe ci si augura il mio decesso”
 “A.F. ride ininterrottamente da venti minuti e presenta segnali di convulsioni.”
“L’armadio di classe è tagliato a metà.”
“La lavagna è imbrattata di disegni osceni raffiguranti la sottoscritta”





E fatti due risate ...





Uomini e donne al Bancomat!!... clicca e fatti due risate

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giovedì 4 dicembre 2014

RICONOSCIAMO LA DISLESSIA: ecco alcuni indici.

Molto spesso possiamo osservare degli errori o difficoltà tipiche dei bambini con DSA, qui ne abbiamo raccolti alcuni dei più frequenti.
Solitamente bambini molto intelligenti e intuitivi, ma, nonostante ciò, spesso possiamo osservare:
- Lettura lenta e scorretta, spesso legge la punteggiatura.
- Frequenti e ripetuti errori di ortografia come accenti, utilizzo scorretto dell’ h o della q, errori nell’utilizzo delle doppie.
- Spesso scrive parole attaccate tra di loro.
- Difficoltà nei calcoli a mente anche per semplici quesiti e si aiuta spesso con le dita.
- Difficoltà a mantenere l’attenzione e la concentrazione.
- La comprensione del testo va bene se legge l’adulto
- Nello studio delle discipline è necessario fargli ascoltare la lezione letta da altri.
- Ha dei giorni in cui proprio non riesce a lavorare.
- Confusione di ordine spazio/temporale: ieri/oggi/domani, pranzo/cena, dentro/fuori.
- Ha difficoltà nel memorizzare le cose in sequenza: tabelline, mesi e giorni, dita delle mani.
- Da piccolo ha avuto difficoltà del linguaggio;
- Ha difficoltà ad imparare l'alfabeto, i giorni della settimana, il nome delle dita delle mani;
- Confusione fra le varie fasi della giornata mattina/sera
- Ritardo nell'acquisizione di abilità motorie fini come allacciarsi le scarpe.
- E’ facilmente distraibile e soggetto ad agitazione motoria (non riesce a stare fermo).
- Difficoltà nell’imparare a leggere l’orologio.
- Difficoltà nell’organizzazione degli impegni ora/data/luoghi.
- Eccelle in alcuni ambiti (arte, scienze) e risulta molto scarso in altri (grammatica, matematica).

Una sineddoche fuorviante

Posted by Benedetto Vertecchi


Vorrei richiamare alla memoria dei lettori un passaggio del romanzo Lo schiavo di I. B. Singer. Il protagonista della storia è un giovane ebreo polacco che, per varie traversie, si ritrova ridotto in servitù presso un ricco possidente cristiano. Questi lo invia a pascere i suoi armenti sulle montagne della Slesia. Quel che  turba il giovane è che nella condizione di solitudine che lo attende non potrà assolvere ai suoi doveri religiosi e, soprattutto, non potrà dedicarsi, come aveva fatto fin da bambino, alla lettura della Torah. In tanti anni aveva imparato a memoria il testo sacro, ma non era la stessa cosa recitarne i brani o leggerli. La lettura comportava, infatti, un impegno molto più forte, sollecitando nuove e più consapevoli interpretazioni. Il giovane decide quindi di scrivere la Torah sulle rocce che circondavano il suo rifugio: doveva scrivere il testo sacro per poterlo leggere.
Ho richiamato il romanzo di Singer perché consente di affrontare la questione della tecnologia nell’educazione senza restare subito impigliati nella sineddoche che ha finito per restringerne (e, a mio parere, per mortificarne) il significato. La tecnologia non è, infatti, prioritariamente costituita da macchinario (tanto meno, come generalmente si intende, da macchinario complesso). Il giovane pastore doveva soddisfare un’esigenza culturale, quella di leggere la Torah. Per farlo, aveva bisogno che il testo fosse scritto. La soluzione che individua è un perfetto esempio di tecnologia, ovvero di una soluzione che ottimizza le risorse esistenti per rispondere ad un intento nitidamente definito. Quella soluzione non era certamente l’unica. Se avesse potuto frequentare la sinagoga, non avrebbe avuto bisogno di scrivere la Torah, ricorrendo oltretutto a un supporto inconsueto, perché sarebbe stato sufficiente leggerne il testo a stampa. Ne deriva che la tecnologia serve a trovare soluzioni per problemi reali, e non per sostituire ciò che già esiste con apparati strumentali complessi. Semmai, le nuove opportunità possono aggiungersi a quelle di cui già si dispone, per allargare l’orizzonte dell’educazione.

Oggi chi voglia presentarsi come innovatore in campo educativo è sufficiente che bruci alcuni rituali granelli d’incenso sull’altare della tecnologia (intesa in conformità alla sineddoche restrittiva prima richiamata). È quel che sta avvenendo nel sistema scolastico italiano, poverissimo d’idee, ma al quale si prospettano, un giorno dopo l’altro, scenari innovativi tramite il ricorso alle nuove risorse tecnologiche. In assenza di una politica scolastica, e in una situazione economica certamente difficile, si lascia intendere che molte spese sono superflue, e che non c’è un particolare bisogno d’investimenti, poiché i cambiamenti necessari per rinnovare le pratiche educative deriveranno, con certezza, dalle nuove apparecchiature che saranno poste a disposizione. Il messaggio implicito è che la scuola può realizzare risparmi consistenti e migliorare la qualità dei livelli di apprendimento degli allievi investendo somme abbastanza modeste per acquisire uno strumentario tecnologico, mentre sarebbero necessarie risorse ben più consistenti se per adeguare le pratiche educative alle nuove esigenze si dovesse rivedere l’organizzazione del sistema scolastico, modificare i profili professionali degli insegnanti, fornire alle scuole le dotazioni e gli spazi necessari per consentire agli allievi di compiere esperienze capaci di collegare l’apprendimento con l’azione.
Ridurre, come si sta facendo, la modernizzazione del sistema educativo alla sola disponibilità nelle scuole di strumentazione tecnologica ha come effetto già verificabile l’impoverimento delle risorse per la didattica. Del resto, un conto è avere a disposizione un’apparecchiatura, un conto farne un uso appropriato e tale da giustificare l’investimento effettuato, specialmente se si considera che lo strumentario tecnologico è soggetto ad un rapido invecchiamento. Un computer, un tablet o una lavagna multimediale dopo un paio d’anni sono considerati dagli allievi che dovrebbero usarli reperti archeologici. E non potrebbero pensare altrimenti, considerando che in molti casi dispongono in famiglia di strumenti che, per lo meno sul piano merceologico, sono più aggiornati di quelli il cui uso è proposto nelle scuole.
Torna a manifestarsi una tendenza alle contrapposizioni distruttive che è propria di modelli educativi incapaci di realizzare un’accumulazione conoscitiva che valorizzi le esperienze del passato e le integri con quanto di nuovo emerge dalla ricerca e dallo sviluppo di progetti sperimentali. È già accaduto che proposte inconsuete abbiano condotto all’arroccamento su opposte sponde di sostenitori e detrattori: basti pensare alla contrapposizione tra permissivismo e rigorismo o alle polemiche sui modi della valutazione e sull’uso dei libri di testo. In altre parole, non ci si chiede se per effetto delle nuove proposte possa realizzarsi un incremento delle opportunità di educazione, ma solo se sia o non sia opportuno sostituire una linea di comportamenti educativi che, per qualche motivo, non soddisfi con un’altra, del tutto diversa. Ne consegue una perdita di spessore delle interpretazioni educative, che finiscono con l’essere soggette a suggestioni di senso comune, quando non alla moda del momento.
L’enfasi che si sta ponendo sull’utilizzazione della tecnologia nell’attività educativa rischia di far passare in secondo piano proprio l’apporto di innovazione che si potrebbe attendere dalla disponibilità di mezzi che stanno facilitando enormemente adempimenti che fino a non molto tempo fa richiedevano di effettuare operazioni lente e ripetitive. Il senso comune non rileva gli aspetti meno evidenti, ma più sostanziali, dell’innovazione tecnologica e si limita a considerare la possibilità di sostituire, per analogia o per imitazione, situazioni e comportamenti consueti. La tecnologia finisce con l’assumere una funzione di protagonista, alla quale gli insegnanti dovrebbero adeguarsi. Ma sarebbe come considerare, nel passaggio del romanzo di Singer, più importante lo strumento utilizzato per scrivere del testo della Torah che il giovane ebreo aveva bisogno di leggere. Non solo. Il passaggio che abbiamo richiamato contiene un’implicazione di grande rilievo, sul piano culturale e, più ampiamente, su quello educativo. Il pastore, scrivendo il testo sulle rocce, dimostrava di possedere un’autonomia che non sarebbe emersa nelle condizioni consuete. Certo, questo non significa che le condizioni descritte da Singer fossero quelle preferibili, ma sta comunque a indicare che da un punto di vista educativo sono valide le soluzioni che non diminuiscono, nell’immediato o in tempi lunghi, la possibilità di individuare soluzioni per problemi inconsueti.
Per quanto scarsi siano i riferimenti conoscitivi, si ha l’impressione che bambini e ragazzi che nel loro sviluppo abbiano fruito più ampiamente di apparecchiature tecnologiche non abbiamo tratto solo vantaggi da tale condizione. Non ci si pongono, ed è un segno del livello scadente delle interpretazioni educative, questioni che potrebbero spingere in una direzione o in un’altra le scelte delle scuole. Si prospetta lo scenario di una scuola senza carta, ma non ci si chiede se la crescita di autonomia derivante dalla capacità degli allievi di formulare un pensiero di qualche complessità senza essere dipendenti dalla disponibilità di apparecchiature tecniche sia un obiettivo che debba essere perseguito e, se possibile, potenziato. Si finisce col confondere la dotazione fisica con l’intento dell’educazione.

Scrivere: è una questione di autonomia

Posted by Benedetto Vertecchi
Su Il Fatto del 18 agosto è apparso un ampio servizio sulle implicazioni cognitive e affettive della scrittura manuale e di quella che si avvale di risorse digitali. Nel servizio era compresa una mia intervista, qui allegata.
 





mercoledì 3 dicembre 2014

Shakespeare

Una maledizione                                 
 Una maledizione
All’epoca i profanatori e i ladri di tombe erano molto comuni, perciò Shakespeare scrisse per sé un epitaffio che suona come una maledizione: “Caro amico, per l’amor di Gesù astieniti,dallo smuovere la polvere qui contenuta. Benedetto colui che custodisce queste pietre, E maledetto colui che disturba le mie ossa “.

Shakespeare

 
Una truffa?

Una truffa?
C’è chi arriva a sostenere che la maggior parte delle sue opere furono scritte a pagamento da altri personaggi, mentre c’è chi crede che Shakespeare fu uno pseudonimo usato da un altro scrittore – o addirittura da diversi scrittori.                                                               RAI LETTERATURA
                                                                                                   
                            Il padre di Shakespeare fu pagato per bere birra
John Shakespeare arrivò as Stratford nel 1551 e iniziò a lavoricchiare nel commercio, vendendo di tutto. Nel 1556 divenne un assaggiatore ufficiale, incaricato di occuparsi del pane e dei liquori di malto. L’anno successivo fece un altro passo in avanti nella scala sociale, sposando Mary Arden, la figlia di un aristocratico. John ricoprì poi diversi ruoli in municipio, lavorando anche per il sindaco. Ma nel 1570 fu sommerso dai debiti ed ebbè un sacco di problemi legali per ragioni ancora poco chiare.
In occasione dei 450 anni dalla nascita del Bardo, abbiamo messo assieme 10 aspetti della sua vita che magari molti non conoscono, e su cui, vi avvisiamo, molti storici litigano ancora oggi. Buona lettura. 
              
                     I genitori di Shakespeare probabilmente erano analfabeti, come i suoi figli
Nessuno lo sa con certezza, ma è molto probabile che John e Mary Shakespeare non hanno mai imparato a leggere e a scrivere. John firmava sempre con un segno al posto del nome. William andò alla scuola di Stratford. E’ probabile che anche la moglie e i figli fossero rimasti analfabeti.

Come proteggere i bambini dall'orco

Ansa
"Sia fatta giustizia per il piccolo Loris" . Mentre compare un lenzuolo bianco sulla cancellata della scuola che frequentava il piccolo Loris, le famiglie italiane si interrogano su come fare per proteggere i propri figli dall’orco.

E’ possibile "istruire" i bambini a non dare confidenza agli sconosciuti? Può bastare solo questo a proteggerli da malintenzionati?

Dottoressa Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, ma come si possono proteggere i bambini da episodi del genere?

È fondamentale, innanzitutto, prestare attenzione al comportamento del bambino, partendo da quanto ci appaiono spontanei proprio i movimenti del suo corpo: un bimbo che ha subito violenza e abusi è imbarazzato, trattiene un segreto che lo disturba, spesso appare rigido nei movimenti, tende a parlare poco anche con i genitori, non guarda negli occhi l’interlocutore, a cui in realtà vorrebbe rivelare quella cosa che lo disturba
E’ giusto fidarsi ciecamente di ciò che raccontano i bambini?
...
http://www.panorama.it/news/cronaca/come-proteggere-i-bambini-dallorco/

martedì 2 dicembre 2014

È illegittimo dare lezioni private agli alunni della propria scuola

Le disposizioni normative sono chiare: non si possono impartire lezioni private ai propri alunni. In ogni caso è necessario avere l'autorizzazione del dirigente scolastico.
Cosa dovrebbe rispondere  un docente, a cui viene chiesto di fare una lezione privata ad un proprio alunno o anche ad un alunno della propria scuola? 
La risposta dovrebbe essere chiara e precisa: “Mi spiace, non posso assolutamente fare lezioni private ad alunni della mia stessa scuola, è vietato dalla legge”. È questo che dovrebbe dire un qualsiasi insegnante, rispettoso del suo ruolo professionale e della legge. D’altronde si tratta di deontologia professionale oltre che del rispetto di una legge dello Stato. 
Il testo unico delle disposizioni legislative in materia d’istruzione, legge 297/1994, oltre a contenere , come è giusto che sia, i diritti del lavoratore, contiene anche, in modo  altrettanto chiaro,  i doveri  che il personale scolastico è chiamato a rispettare. Ad esempio  nelle  norme previste nella legge 297/94, Titolo I,  dedicate al personale docente, educativo, direttivo ed ispettivo, Sezione I, all’art.508 sulle incompatibilità , c’è scritto che non è consentito impartire lezioni private ad alunni del proprio Istituto. In questo articolo, al comma 2, è scritta la norma che impone al docente, che decidesse di fare lezioni private a studenti di altre scuole, rispetto a quella di servizio,  di informare di tali attività private il proprio dirigente scolastico. Il docente che impartisce lezioni private, deve altresì comunicare, al proprio Ds,  il nome degli alunni e la loro provenienza. 
Il Ds può, come è scritto nel comma 3, vietare l'assunzione di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto. 
Nessun alunno può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto. In sostanza, quanto scritto nel suddetto art.508 Titolo I sezione I della legge 297/94, vieta, al docente di una data scuola,  di impartire lezioni private ad alunni della propria scuola, e condiziona le lezioni private fatte ad alunni di altre scuole, ad una informativa scritta al proprio dirigente scolastico correlata di nome cognome e scuola dell’alunno seguito privatamente. ..

http://www.tecnicadellascuola.it/item/7962-e-illegittimo-dare-lezioni-private-agli-alunni-della-propria-scuola.html

Bocciare meno al biennio delle superiori per contrastare l’abbandono scolastico

Bocciare meno al biennio delle superiori per contrastare l'abbandono scolastico.

Bisogna bocciare meno al biennio delle superiori per contrastare l’abbandono scolastico. È quanto consiglia uno studio della Camera dei deputati sulla dispersione scolastica in Italia e riportato dla Corriere della Sera che analizza i motivi del prematuro addio agli studi da parte dei ragazzi. “Gli abbandoni della scuola avvengono prevalentemente nel primo biennio della superiore in genere a seguito di una bocciatura” si legge nell’indagine di Montecitorio che aggiunge: “Vari esperti osservano che la bocciature all’inizio del corso di studi superiore si rivela spesso decisiva per la scelta di abbandonare la classe”. Insomma una delle ipotesi è proprio che a favorire l’abbandono prematuro degli studi siano le bocciature nei primi anni di superiori. Dunque, secondo l’indagine, “è importante una decisa azione di contenimento delle bocciature in particolare nei primi due anni di scuola secondaria dove le bocciature stimate sono 185 mila, attraverso piani di studio più flessibili e personalizzati”.

Includere e non escludere
L’obiettivo finale secondo lo studio è quello dell’inclusione non sbarrando la strada dopo il primo anno ma valutando i ragazzi soltanto alla fine del biennio. Il Governo sembra essere d’accordo con questa impostazione. “Il biennio deve essere un periodo di inclusione, non di sbarramento, quindi, soprattutto nelle scuole professionali e tecniche, vogliamo avviare una serie di attività inclusive che spingano gli studenti a diventare una comunità, anche in collaborazione con le famiglie” ha spiegato infatti il sottosegretario all’Istruzione con delega alla dispersione scolastica, Angela D’Onghia.


100 cyberpsicologi a scuola contro dipendenza da internet

Alla Lumsa di Roma è partito il primo corso: gli psicologi di internet entreranno nelle scuole per aiutare gli studenti a vivere meglio la rete

Il dottore di Internet è pronto a sbarcare nelle scuole. Di fronte agli effetti delle nuove tecnologie sui nostri ragazzi, l’Università si attrezza: alla Lumsa di Roma, è partito il primo corso in Italia di cyber-psicologia. Ad organizzare questo nuovo percorso di conoscenza è Tonino Cantelmi, psichiatra, esperto in tecnodipendenza. Uno che se ne intende vista la sua biografia: è stato il primo in Italia ad occuparsi dell’impatto della tecnologia digitale sulla mente umana ed ha fondato il Cedis, ente per lo studio delle dipendenze comportamentali (in modo specifico dipendenza da tecnologia e dipendenza sessuale).
                                                                                                      

Il governo avvia i Laboratori digitali per insegnare la scienza


A dare una mano agli insegnanti dall’11 novembre ci pensa Ls-Osalab, il laboratorio dei laboratori. L’iniziativa nata da un piano del Miur con l’Università Roma Tre e l’Accademia delle Scienze di Torino, rientra nell’ambito del progetto nazionale per i licei scientifici con opzione scienze applicate. Dietro il “misterioso acronimo si nasconde una piattaforma digitale che potrà dare una collaborazione agli insegnanti per spiegare meglio una lezione di scienze. Un servizio utile anche per quelle scuole che non hanno laboratori attrezzati. In altre parole si tratta di un “aiuto da casa” anzi dal “Ministero” per chi si trova ogni giorno in aula.



La funzionalità è immediata, come in uno store su internet. Il servizio è gratuito. Basta un click e si entra in un archivio on line che mette a disposizione decine e decine di esperimenti da fare in aula. Un vero e proprio aiuto per i docenti che insegnano scienze applicate. Si tratta di laboratori semplici che possono essere realizzati con materiali poveri: esperimenti già verificati e, appunto, messi a disposizione in una piattaforma virtuale alla quale tutti i docenti possono accedere per insegnare biologia, chimica, fisica, scienze della Terra, matematica e informatica.

Nulla di complicato. Anzi, l’obiettivo del “Laboratorio dei laboratori” è quello di fornire uno strumento divertente e utile che aiuti a capire quali sono gli esperimenti che piacciono di più. Il gradimento dei docenti verrà espresso con delle stellette come se ci si trovasse su un sito che recensisce film, alberghi o ristoranti. Più stellette, più gradimento. Un modo per stimolare il confronto, per arricchire le esperienze reciproche, per creare rete e interazione tra le diverse scuole e i docenti di ogni regione d’Italia.

Il tutto ha preso inizio l’11 novembre presso il dipartimento di Scienze Roma Tre con gli insegnanti delle scuole del Lazio. Una start up che non si ferma a Roma: i laboratori itineranti faranno tappa in altre regioni dove ad ogni incontro verrà rilasciato un kit degli esperimenti per le scuole ospitanti. Il 21 novembre toccherà alla Campania; il 10 dicembre il tour farà tappa al “Giordano Bruno” di Perugia e il 18 sarà al “Volta” di Pescara. Il giro proseguirà il 12 gennaio in Liguria e l’indomani al liceo scientifico “Maria Curie” di Pinerolo. Successivamente arriverà in Lombardia il 14 gennaio al “Badoni” di Lecco e in Veneto il 26 gennaio.

Ultimi appuntamenti in Emilia Romagna il 27 gennaio e in Toscana al “Leonardo Da Vinci” di Firenze il 28 gennaio. Una risposta concreta agli studenti e ai docenti che potrebbe essere utile non solo alle scuole superiori e ai licei ma anche alle “medie” e alla primaria dove i genitori chiedono sempre più un approccio pragmatico alle discipline anziché teorico e di routine. Da più parti si parla, infatti, della necessità di tornare a sperimentare, a praticare, a sporcarsi le mani e sperimentare. Il progetto Ls-Osalab va proprio in questa direzione unendo l’innovazione, il web e la capacità manuale: una relazione efficace, capace di guardare oltre la didattica tradizionale mettendo in gioco nuove forme laboratoriali.
                                                                                                                                      Alex Corlazzoli

Grazie al tablet non si perdono più lezioni in ospedale

Il progetto è partito al Policlinico Umberto I di Maggio e in altre tre scuole italiane

Basta un tablet per sentirsi in aula, anche quando si è in ospedale. E’ quello che accade al Policlinico Umberto I di Roma dove grazie al progetto Samsung “Smart Future”, i ragazzi costretti alle cure non perdono una sola ora di storia o geografia. I bambini continuano a scrivere, disegnare ma soprattutto a restare connessi con la loro aula e soprattutto con la loro maestra. Al reparto di ematologia del Policlinico è realtà dal mese di settembre: le stanze d’ospedale sono collegate all’istituto comprensivo statale “Tiburtina Antica”.

In classe, oltre alla matematica, si studiano anche i social network

Educare ai social media è un’urgenza. Serve al più presto una legge sui processi d’educazione al digitale. L’appello è emerso nei giorni scorsi dal convegno promosso dalla Camera dei Deputati in collaborazione con “Imprese di Talento”, azienda che si occupa di comunicazione e formazione manageriale. Ad interrogarsi sulla questione ora non sono più solo gli esperti e i docenti ma anche i politici che si trovano a dover affrontare alcune emergenze legate al mondo del cyber.
social network
“Molti giovani utilizzano il web con leggerezza, scambiano messaggi, foto, video e li condividono anche con sconosciuti senza alcuna percezione dei rischi. Non servono le proibizioni – ha spiegato Daniele Salvaggio, manager esperto in materia –  ma è necessario mettere i ragazzi in condizione di navigare in maniera consapevole, conoscendo sia le potenzialità sia i pericoli della rete. Parlare ai bambini e ai ragazzi spiegando loro cosa sono i social network, come si utilizzano, quali rischi e quali potenzialità possiedono, è importante tanto quanto far capire che occorre darsi delle semplici ma essenziali regole per essere connessi in totale sicurezza”.
Riflessioni che vanno di pari passo con la ricerca presentata in questi giorni da “Telefono Azzurro” sugli adolescenti. Internet nella vita dei ragazzi è soprattutto social media. La quasi totalità del campione (89,7%) preso in considerazione nella ricerca possiede uno smartphone con accesso ad internet: se non avessero un accesso costante, il maggior timore dei ragazzi sarebbe quello di non venire a sapere le cose (33,8%) o di perdersi le news nel mondo (25,4%).
L’89,8% utilizza Whatsapp per rimanere connesso con gli amici: più di 1 su 2 manda più di 50 messaggi al giorno (57,4%). Il social più diffuso rimane Facebook (lo utilizza l’82,3% degli intervistati): i ragazzi vi accedono direttamente dal cellulare (73,6%) e il 22,2% è costantemente connesso. Chi non ha una connessione costante vi accede tutti i giorni più volte al giorno (44,5%). Sebbene il 58,9% abbia accettato l’amicizia dei propri genitori su Facebook, il 44,7% dichiara che sarebbe infastidito se i genitori vedessero ciò che scrive, con percentuali più elevate tra i preadolescenti (51,4% degli 11-14enni vs il 39,4% dei 15-19enni).
Genitori o no, gli amici su FB sono comunque tantissimi: quasi 1 adolescente su 2 (45,9%) ha tra i 250 e i 1000 amici, molti dei quali frequentati al di là della rete. E a proposito dei pericoli che si corrono sul web più dell’85% dei ragazzi intervistati conosce qualcuno che è iscritto al social senza aver compiuto questa età.
Oltre 1 intervistato su 3 (34,9%) conosce più di 20 ragazzi con un profilo Facebook illecitamente aperto. La maggior parte dei ragazzi conoscono il fenomeno del cyberbullismo: l’80,3% ne ha sentito parlare; 2 su 3 (39,2%) conoscono qualcuno che ne è stato vittima, 1 su 10 ne è stato vittima (10,8% degli intervistati; il 9,1% dei ragazzi ed il 12,6% delle ragazze). Al 15,1% del campione è stata rubata l’identità online; il 30,4% degli adolescenti ha postato online qualcosa di cui poi si è pentito: per rimediare il 70,6% ha cancellato il post.

L’ansia di far primeggiare i figli. Dove portano i genitori spazzaneve

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Gli inglesi li chiamano «genitori spazzaneve». Perché «ripuliscono ogni cosa davanti ai loro figli in modo che nulla possa andare loro storto e possa minacciare la loro autostima». Succede a Londra, al collegio femminile di Saint Paul dove la direttrice Clarissa Farr, racconta al Times, ogni giorno si imbatte in madri e padri vittime di «ansia frenetica che fa loro rifiutare l’idea che i propri pargoli possano arrivare secondi». Il che si traduce in «bambini iperprotetti e incapaci di affrontare un fallimento».
Succede anche in Italia. Dove schiere di genitori arrivano da insegnanti e presidi e «giustificano, minacciano, mentono perfino pur di proteggere gli amati figlioletti da una punizione». Succede all’asilo e si va avanti fino alle superiori. Perché «la scuola è il nemico». Riflette Daniela Scocciolini, per oltre quarant’anni insegnante e poi preside del liceo Pasteur di Roma: «La tendenza a prevenire ed evitare qualsiasi difficoltà ai figli è diventata patologica: padri e madri sono del tutto impreparati ad affrontare gli insuccessi dei figli, non ci si vogliono trovare perché non sanno come uscirne».
È come se dicessero: «Non create problemi a mio figlio perché li create a me». E allora, «la soluzione più facile è dire sempre sì, spianare la strada: sono “genitori non genitori” che rinunciano a priori a educare i propri figli cercando di semplificare loro tutto». E la colpa di ogni insuccesso, dice Innocenzo Pessina, ex preside del liceo Berchet di Milano, 43 anni tra scuole di periferia e centro,«è data sempre alla scuola, così si arriva ai ricorsi al Tar per bocciature e brutti voti». Bisogna «insegnare ai ragazzi a confrontarsi con la realtà, aiutarli nelle strade in salita, faticose e impegnative, ma non sostituirsi a loro». I genitori, conferma anche Micaela Ricciardi, preside del liceo Giulio Cesare di Roma, sono «apprensivi e ai figli trasmettono una grande fragilità». L’unica strada è parlarci: «Dico loro di tenere la distanza: siate dei punti di riferimento, ma lasciateli sbagliare, solo così cresceranno responsabilizzati».
Ma c’è anche «l’ansia frenetica» di far primeggiare i figli ad ogni costo, la «ricerca del successo» con l’idea che chi sbaglia sia un fallito: «Crea tanta infelicità tra i ragazzi» dice Silvia Vegetti Finzi, psicoterapeuta che dal blog «Psiche Lei» su Io Donna osserva ogni giorno genitori-figli-scuola:
«Questo dilagare degli adulti sui figli fa solo male: si trasmettono aspettative e stereotipi per indirizzarli dando un’idea di competitività anziché di realizzazione di sé».
E magari alla fine nessuno è contento: «Forse anche per la crisi economica — dice Vegetti Finzi — i genitori sono più ansiosi per il futuro e si sostituiscono ai figli, come se dicessero: “Scelgo io per te” e preparano loro le strade da seguire». E allora? «Lasciateli liberi — conclude la professoressa —, ritiratevi progressivamente lasciando la vita di vostro figlio a lui, inclusi fallimenti ed errori».

lunedì 1 dicembre 2014

“culpa in vigilando”

Qualche lustro fa mandare fuori dalla classe un alunno, era una pratica comune, oggi solo in qualche scuola superiore di secondo grado ci sono ancora insegnanti che lo fanno. Ma la pratica di queste dinamiche anti didattiche non è consentita dalla normativa scolastica. Ci sono due motivi che impediscono al docente di mandare un alunno indisciplinato fuori dalla classe: uno didattico/educativo e l’altro strettamente legale.
Il motivo didattico/educativo fonda le proprie radici sul fatto che all’insegnante viene affidato lo studente, e pertanto il docente ha il dovere di prendersi cura della sua educazione, della sua preparazione e della sua sicurezza.
Infatti, nel caso in cui si mandi fuori un alunno dalla classe, durante tutto il periodo della sua forzata assenza non gli si può insegnare nulla, ledendo il suo diritto di studio e, soprattutto, non è possibile svolgere la dovuta sorveglianza.
In altre parole l’obbligo di vigilanza è fra i principali doveri del docente, che non deve mai lasciare soli gli alunni, per non incorrere nella “culpa in vigilando”.
Infatti, se un alunno si fa male, il docente che avrebbe dovuto vigilare ha responsabilità penali, civili, amministrativo-patrimoniali e disciplinari, ed è costretto a dimostrare che aveva messo in atto tutto quello che era necessario per evitare l’incidente, ma che non aveva potuto impedirlo. Si ricorda che per “culpa in vigilando” si intende letteralmente “colpa nella vigilanza” come da traduzione dal latino da cui deriva il termine, viene utilizzata per descrivere la responsabilità di un fatto illecito accaduto ed avviene attribuito ai soggetti obbligati alla sorveglianza di particolari persone che non possono o vengono ritenute non in grado di rendersi conto delle proprie azioni personali. 
 Lunedì, 01 Dicembre 2014